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domenica 22 aprile 2012

EOLICO E P3: Cappellacci e Carboni dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Roma.


La prima grana giudiziaria per il governatore Ugo Cappellacci - poi seguita da altre tre inchieste - approda oggi davanti al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Roma. Il caso “P3” si era abbattuto come una furia sul vertice della Regione nell’estate 2010, soprattutto per il coinvolgimento di Cappellacci nell’affaire gestito da Flavio Carboni, imprenditore nativo di Torralba, storico protagonista di trent’anni di intrighi italiani.

Oggi Carboni e Cappellacci sono coimputati per la corsa all’eolico sporco nell’isola, al quale il presidente della Giunta regionale avrebbe dato un avallo più che politico: la nomina - centrale secondo la Procura di Roma - di Ignazio Farris alla guida dell’Agenzia regionale per l’Ambiente, che nei disegni di Flavio Carboni avrebbe dovuto acquisire tutti i poteri in materia di energie alternative. Sullo sfondo resta quella “associazione che intendeva condizionare gli organi costituzionali dello Stato” - scrivono i magistrati nella loro ordinanza -, una sorta di nuova P2, appunto, che annovera tra i sospetti affiliati i big del Pdl Marcello Dell’Utri e Denis Verdini.

E poi i sardi Antonella Pau (compagna di Carboni), la moglie Maria Laura Scanu Concas, il direttore dell’Unicredit di Iglesias Stefano Porcu, Ignazio Farris, il presidente del consorzio Tea (bonifiche) Pinello Cossu e l’ex funzionario del comune di Porto Torres, Marcello Garau. Ugo Cappellacci risponde di abuso d’ufficio per la nomina, in odore di privilegio, di Ignazio Farris, da quando gli stessi magistrati romani - Rodolfo Sabelli e Giancarlo Capaldo - hanno stralciato l’accusa di corruzione. Oggi non sarà nell’aula 10 dell’edificio A, nel Palazzaccio capitolino, davanti al Gup Elvira Tamburelli. E questo perché il cuore del confronto tra pubblico ministero e difesa riguarda una questione tecnica, ma che in questa inchiesta si rivelerà fondamentale: l’utilizzabilità delle intercettazioni delle telefonate tra parlamentari, per le quali dovrà comunque essere chiesta l’autorizzazione a Camera e Senato.

Parlamentari che a Carboni garantivano appoggi politici o regolavano flussi di denaro, parte dei cinque milioni del tesoretto-eolico, soldi che imprenditori di Forlì affidarono a Flavio Carboni per invadere l’isola con torri del vento. L’altro filone dell’inchiesta (al quale i sardi sono estranei) che si fonda in gran parte sugli ascolti, riguarda il tentativo di condizionare procedimenti importanti in gran parte riconducibili agli interessi di Berlusconi, “Cesare” nelle intercettazioni: lodo Alfano, contenzioso fiscale di Mondadori, il ricorso contro l’arresto di Nicola Cosentino.
(Elena Laudante)

Da La Nuova Sardegna del 21 aprile 2012

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