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lunedì 25 giugno 2012

APRIRE UN CONFLITTO CON LO STATO ITALIANO

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno martedì 26 giugno 2012 alle ore 0.50 ·




Paolo Maninchedda (PSd'Az): alleanza tra chi crede nella sovranità dei sardi

Non è una chiamata alle armi, perché l’uomo è pacifista: ma quella promossa da Paolo Maninchedda è, politicamente, una sollevazione. L’esponente sardista ha ispirato le mozioni sulla sovranità votate già da due Unioni di Comuni (Marghine e Valle del Cedrino), che dichiarano «il diritto dei sardi all’autogoverno» e aprono «una stagione competitiva con lo Stato», chiedendo elezioni regionali anticipate.

La dialettica conflittuale con Roma è il collante che Maninchedda immagina per un’alleanza «sovranista», dopo aver rinnovato l’indipendentismo del Psd’Az e ideato l’ordine del giorno (approvato in Consiglio) che ridiscute le ragioni della permanenza dell’Isola nella Repubblica italiana. «Se anche i Comuni aprono un conflitto con lo Stato – ragiona Maninchedda – significa che in un pezzo d’Italia la sovranità statale è sottoposta a verifica. Non ci sono più mille “vertenze Sardegna”, ma una questione sarda: il punto è dire allo Stato se comanda lui o comandiamo noi».

È così fondamentale decidere chi comanda?
«Sì, perché chi governa non dà risposte ai problemi della Sardegna. Anzi, lo Stato governa contro i nostri interessi».

Qualche esempio?
«Il primo è la tirannide fiscale. La pressione enorme impedisce di accumulare capitali. Poi i trasporti: tra Sardegna e società di navigazione, lo Stato sta con le seconde. E sulla continuità territoriale, Prodi ha imposto a Soru che i sardi si pagassero un loro disagio».

Quell’accordo prevedeva anche più entrate per l’Isola.
«Sì, ma con la ganascia del patto di stabilità che taglia la spesa. Se a lei danno una paga di tremila euro ma le impediscono di spenderne più di mille, il suo vero stipendio è mille».

Parliamo di energia.
«È evidente il privilegio che lo Stato accorda a Enel ed E.On, e nessuno conosce le tariffe a cui Terna acquista dai loro impianti definiti “essenziali”. Ma parliamo anche di istruzione: i fondi agli atenei premiano le zone già ricche, utilizzando come parametro il tempo trascorso dai laureati prima di trovare lavoro. Così Sassari paga il contesto economico in crisi».

Non crederà a un complotto?
«No. Ma l’Italia non può permettersi, al centro del Mediterraneo, un’isola padrona dei suoi mari e dei suoi cieli, con una pressione fiscale al 31% e un settore manifatturiero tax free per cinque anni: saremmo un competitor molto serio».

Basta fare da soli, per crescere così tanto?
«Ma indipendenza, oggi, non vuol dire stare soli. Tantomeno autarchia. Vuol dire essere responsabili di noi stessi. I sardi saprebbero ben governare il loro fisco, i trasporti, la scuola…»

La sola nostra fiscalità reggerebbe il costo di tutti i servizi?
«Accetto la domanda se la si rivolge a tutta l’Europa. Non è che non ce la fa la Sardegna: non ce la fa l’Italia, la Francia, la Spagna. Infatti si indebitano, ed ecco perché il debito pubblico degli Stati è così critico».

Lei ha detto che una proposta unitaria di governo degli indipendentisti oggi vincerebbe. Com’è possibile?
«Con un progetto credibile. Non fondato sull’eroismo indipendentista, di chi pensa più a perpetuare la memoria di sé che a costruire uno Stato. Bisogna avere il coraggio di chiedere, in campagna elettorale, un mandato per fare cose dure: sacrifici per rendere la Sardegna più civile, colta, laboriosa. Serve un grande patto solidaristico: forse dovremo dire a chi ha uno stipendio buono che non si potrà creare occupazione senza rinunciare a qualcosa».

Quale alleanza immagina?
«Più che altro immagino una campagna elettorale in cui il discrimine non sia centrodestra contro centrosinistra, ma Sardegna contro Italia. Federalisti europeisti contro unionisti».

È l’idea maturata con Sel?
«Guardi, se si fa un accordo tra segreterie, la gente non lo capisce. Altro è se si crea qualcosa dal basso, anche con chi ha ruoli di partito ma fuori dalle liturgie partitiche».

Le primarie sono una di queste liturgie?
«No, io sono favorevole: se sono serie, trasparenti e non drogate dai sinedri di partito».

C’è chi pensa che lei voglia fare il presidente della Regione.
«È vero che alcuni me ne parlano, ma credo che il presidente debba venire fuori da percorsi democratici e da rapporti sociali, non da designazioni. Serve uno che faccia squadra, e non tema di mettere in Giunta persone più capaci di lui».

Come valuta Cappellacci?
«Non ha percezione adeguata della gravità di alcuni problemi. Con lo Stato è partito da un atteggiamento debole, virando poi verso la conflittualità: ma negli uffici ministeriali hanno ancora il vecchio file , e lui sconta queste oscillazioni».
Giuseppe Meloni

Da L'Unione Sarda del 25 giugno 2012

domenica 24 giugno 2012

CUBA OTTIENE DALLA COMMISSIONE ONU IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO DI PUERTO RICO A SCEGLIERE L'INDIPENDENZA

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno domenica 24 giugno 2012 alle ore 18.15 ·
 


Il rappresentante cubano, a nome dell'Alba, chiede alla commissione dell'ONU sulla decolonizzazione il riconoscimento del diritto della colonia statunitense di Puerto Rico a scegliere l'indipendenza. E lo ottiene.

La commissione Onu per la decolonizzazione accoglie la richiesta, avanzata da Cuba, di riconoscere il diritto all'indipendenza di Puerto Rico, attualmente sotto sovranità statunitense. Il testo, presentato dall'Avana con gli auspici di Bolivia, Ecuador, Nicaragua e Venezuela, é stato ratificato oggi dall'organismo delle Nazioni Unite per la decolonizzazione ed esorta gli Stati Uniti a portare a termine la devoluzione dei poteri al popolo portoricano, riconoscendone il diritto all'autodeterminazione.

Nel documento si chiede inoltre la scarcerazione di tre detenuti, reclusi in penitenziari statunitensi per il loro coinvolgimento nella lotta per l'indipendenza della popolazione portoricana. Uno dei tre, Oscar Lopez Rivera, é in carcere ormai da addirittura 31 anni.

La mozione presentata dal rappresentante permanente di Cuba all'interno della Commissione dell'Onu affermava che Portorico è una nazione latinoamericana e caraibica con una propria identità culturale inconfondibile.

E quindi Oscar González León ha reclamato l’indipendenza di questa colonia degli Stati Uniti - eufemisticamente definita da Washington uno ”Stato Libero Associato” - con il sostegno dei paesi latinoamericani retti da governi progressisti. Anche in virtù, ha ricordato, di ben 30 risoluzioni delle Nazioni Unite del 1972 ad oggi, mai rispettate dai vari governi statunitensi.

Da Contropiano del 24 giugno 2012

LO STATO ITALIANO CONTRO L'INDIPENDENTISTA BRUNO BELLOMONTE, il ricorso in Appello ...un aeromodello per bombardare il G8

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno domenica 24 giugno 2012 alle ore 17.44 ·
 


La Procura di Roma non molla e rilancia: con un aeromodello telecomandato sarebbe stato possibile bombardare gli edifici sede del G8 a La Maddalena ed era questo il progetto sul quale lavoravano Bruno Bellomonte e il defunto presunto capo dell’organizzazione «Per il comunismo-Brigate rosse» Luigi Fallico in quell’ormai famosa cena a due al ristorante romano da Silvio alla Suburra il 16 dicembre del 2008.

Bocciata il 21 novembre 2011 dalla prima corte d’assise della capitale, la teoria del modellino ritorna nel ricorso in appello firmato dai pm Erminio Amelio e Luca Tescaroli occupando una buona parte delle 120 pagine in cui è articolato il documento. Ed è soprattutto a questo indizio, rafforzato da intercettazioni ambientali piuttosto confuse, che i due magistrati ancorano la nuova richiesta di condanna per Bellomonte, convinti che il ferroviere sassarese facesse parte a pieno titolo dell’organizzazione eversiva e che ne fosse lo stratega all’insaputa dei militanti di A Manca pro d’Indipendentzia, il partito legale per il quale è stato candidato a sindaco di Sassari.

Amelio e Tescaroli non si fermano alla richiesta di condanna, ma propongono alla corte d’assise d’appello la rinnovazione parziale del dibattimento, perché a supporto della tesi accusatoria basata sul modellino di velivolo venga esaminato in aula pubblica un commesso del negozio di aeromodelli Palazzoli, in via Oderisi da Gubbio a Roma.

Si chiama Egidio Andreini e sentito il 26 marzo 2012 - quindi dopo la sentenza di primo grado, in cui Bellomonte è stato assolto perché il fatto non sussiste - ha riferito «che ogni aeromodello può essere zavorrato e che taluni possono portare anche alcuni chilogrammi di peso». (m.l)

Da La Nuova Sardegna del 23 giugno 2012

sabato 23 giugno 2012

Non solo veleni: adesso a Quirra i militari devastano 20 chilometri di bosco per costruire un muro.


pubblicata da Sardegna Quotidiano il giorno mercoledì 20 giugno 2012 alle ore 16.24 ·
               
Le ruspe hanno lavorato per giorni in mezzo al bosco: via ginepri, alberi, arbusti e piante di ogni tipo per ricavare delle zone libere dalla vegetazione. Strisce larghe circa quattro metri che corrono per oltre 20 chilometri, realizzate in una zona estremamente delicata. E per due ragioni: da un lato perché interessa un’area carsica a rischio idrogeologico, dall’altro perché a confine tra il territorio di Villaputzu e il poligono militare del Salto di Quirra.

I lavori - eseguiti per conto della struttura militare sotto gli occhi allibiti degli abitanti dei dintorni - sono andati avanti a ritmo sostenuto e, con ogni probabilità, sono solo il primo passo per realizzare la recinzione che dovrà rendere inaccessibili le zone inquinate del poligono interforze. Un’opera imponente e avviata senza la richiesta di nessuna autorizzazione sulla quale la Guardia Forestale sta cercando di fare chiarezza. E i risultati dei primissimi accertamenti sono già finiti in procura. In sostanza si sta cercando di appurare se i militari potevano legittimamente aprirsi quel vastissimo varco in mezzo al bosco – zona normalmente tutelata e vincolata – senza chiedere il permesso a nessuno, oppure se sono state infrante le regole e commessi reati. Il fascicolo, aperto per violazione della normativa ambientale, è finito sulla scrivania del sostituto procuratore Marco Cocco, mentre gli accertamenti della Forestale proseguono.

Di certo, però, resta il fatto che delle ampie porzioni di bosco sono state sacrificate “alla ragione militare” e le stellette non sono andate per il sottile realizzando una sorta di lunghe trincee tra la vegetazione – ancora da misurare con precisione – in cui probabilmente verrà sistemata la recinzione garantita dall’Aeronautica mesi fa, in occasione della richiesta di dissequestro del poligono. Nel chiedere di riavere a disposizione il PISQ, a cui la procura di Lanusei aveva messo i sigilli nell’ambito di un’inchiesta per disastro ambientale, i vertici militari avevano promesso bonifiche e assicurato che le zone compromesse sarebbero state rese inaccessibili fino al loro ripristino.

E proprio oggi si apre l’udienza preliminare che dovrà decidere sul rinvio a giudizio dei venti indagati per i cosiddetti veleni di Quirra. A rischiare il processo sono i generali: Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Walter Maulon, Carlo Landi, Paolo Ricci. I colonnelli comandanti del distaccamento di capo San Lorenzo: Gianfranco Fois e Fulvio Ragazzon, più il responsabile del servizio di prevenzione e protezione del poligono dal 2000 fino al 2008, Walter Carta. A questi si aggiungono i componenti della commissione del ministero della Difesa: Giuseppe Di Donato, Vittorio Sabbatini, Vincenzo Mauro. I docenti universitari e tecnici dell’istituto di scienze ambientali di Siena, Francesco Riccobono, Giuseppe Protano, Fabio Baroni, Antonello Luigi Di Lella, chimici dell’Sgs, Gabriella Fasciani e Gilberto Nobile più medico del lavoro e docente universitario, Pierluigi Cocco e l’ex sindaco di Perdasdefogu Walter Mura.
Maddalena Brunetti

Quale industria per la Sardegna? Le proposte di ProgReS



Intervista a Yurj Pili, responsabile delle politiche industriali di ProgReS



Ci sono territori dove i discorsi al bar non si basano sull’ultima partita del Cagliari o le ultime di campionato, ma bensì sui problemi e difficoltà che l’industria è tenuta a fronteggiare oggigiorno. Questo è un ambiente nel quale essere operaio non significa semplicemente svolgere una professione o far parte di una categoria, e dove l’industria non è mai crudele o magnanima a priori.

Yurj Pili, sulcitano consigliere comunale a Villamassargia e responsabile delle politiche industriali di ProgReS conosce questo ambiente molto bene. Per lui come per ProgReS l’industria è un apparato fondamentale dell’economia sarda, nondimeno ritiene sia necessario un approccio differente al tema. L’industria deve essere “antropologica e funzionale al territorio che la ospita”, è su questo elemento che verte la sua visione sull’industria sarda.

Qual è l’approccio di ProgReS alle politiche industriali?
Scevro da qualsiasi retaggio ideologico o tara culturale, lo definirei un approccio pragmatico e razionale che considera il benessere del popolo sardo come un presupposto imprescindibile. Infatti, noi andiamo oltre i soliti luoghi comuni che vedono nell’industria in Sardegna una questione dicotomica dell’eterna lotta tra il bene e il male. Non abbiamo preconcetti o tabù su questo argomento. Noi crediamo che un’economia forte debba essere diversificata e non monocolturale come quella che è stata imposta ai sardi dagli anni sessanta sino ai giorni nostri. Noi pensiamo che lo sviluppo del settore industriale sia necessario per diventare una nazione di primo piano, ma devono essere rispettati dei principi fondamentali come ad esempio il principio della sostenibilità. Sostenibilità ambientale, economica, e soprattutto antropologica.
 
Cosa intendi quando parli di sostenibilità antropologica?
Al centro delle scelte politiche ed economiche ci devono essere il benessere dell’uomo e della collettività, non il mero profitto e gli utili delle corporation. Ogni territorio ha una propria vocazione, ogni comunità possiede una propria cultura economica. Pertanto l’industria non può esistere come elemento del tutto estraneo alla storia e alle tradizioni di un luogo, ma al contrario, deve essere in grado di valorizzare soprattutto il capitale umano del territorio che la “ospita”.


Puoi essere più specifico?
L’industrializzazione della Sardegna è frutto di una visione che considerava la nascita dell’industria primaria, la soluzione ai problemi economico sociali dell’isola. Sono state scelte politiche sciagurate, basate e giustificate dal principio della compensazione. Secondo questo principio, le scelte pubbliche devono essere tese a generare un incremento del reddito reale per avvantaggiare una parte della collettività in modo tale da poter compensare quella danneggiata da tali scelte. E oggi vediamo quali sono stati i risultati di quelle scelte: dalla Legler alla Lorica di Ottana, alla Vynils di Macomer passando per la Keller e arrivando all’Euroallumina. Produrre PET nel centro Sardegna non ha risolto di certo i nostri problemi socio economici.


Per quali ragioni ritieni che l’industria a Ottana non sia sostenibile?
Perché lo dicono i fatti. Dalla prima metà degli anni sessanta sino ai giorni nostri è stata investita una cifra esorbitante di soldi pubblici per sostenere economicamente una realtà insostenibile, causando il fenomeno della diseconomia esterna. Noi di ProgReS pensiamo che lo sviluppo di un settore economico non possa andare a discapito degli altri settori, dell’ambiente e della comunità esistente. Ottana è un paradigma, ma lo stesso discorso vale anche per le altre realtà industriali.

Oggi la Sardegna affronta una crisi che ha travolto la realtà della fabbrica. A cosa credi sia dovuta? E’ causa della crisi finanziaria mondiale?
La crisi finanziaria è un coperchio buono per molte pentole. Io sono Sulcitano e sin da bambino, ho ben presenti le immagini dei minatori sardi autoreclusi nelle viscere della terra durante l’occupazione dei pozzi nella miniera di Nuraxi Figus per difendere il proprio posto di lavoro, ricordo le innumerevoli manifestazioni di piazza degli ani novanta. E’ da quando sono bambino che sento parlare di crisi, di povertà, di vertenze, la crisi finanziaria ha solo inasprito una situazione drammatica, non è sicuramente la causa del fallimento dell’industrializzazione in Sardegna. Le cause della crisi sono molteplici. Se i miliardi di soldi pubblici dei piani di rinascita fossero stati investiti per valorizzare le eccellenze che la Sardegna offriva, per creare un benessere diffuso, reale e non fittizio, oggi non vivremo in questa situazione così drammatica, e i sardi non avrebbero subito in maniera così devastante gli effetti della crisi finanziaria. Le responsabilità sono tutte della classe politica autonomista sarda, dagli anni cinquanta oggi, con pochissime eccezioni. I partiti politici italiani hanno costruito il potere e il loro consenso soprattutto su un sistema clientelare che si nutre dei posti di lavoro, dell’assistenzialismo e della corruzione che esiste attorno alle industrie in Sardegna.
  
Un altro aspetto molto importante che mette in stretta relazione cittadini e industria è l’inquinamento. Credi che sia possibile un’industria meno inquinante?
Non solo è possibile ma necessaria. L’inquinamento è sempre legato a un discorso economico e di scelte politiche: la salvaguardia e la tutela dell’ambiente generano posti di lavoro, le bonifiche o le tecnologie tese all’efficienza e al risparmio energetico oggi sono un business e producono ricchezza. Se la Sardegna fosse governata da una classe dirigente indipendentista, ci sarebbe sicuramente più rispetto per l’ ambiente, per i lavoratori e per le persone in generale. Sappiamo bene di che cosa è capace questa classe dirigente quando si parla di bonifiche o di tutela dell’ambiente.
  
Il discorso che mi hai appena fatto sembra contenere una scintilla indipendentista…
La mancanza di sovranità è la causa principale della crisi di tutti i settori produttivi in Sardegna, dal primario al terziario, se anziché fare gli interessi delle multinazionali svizzere, russe, smericane, australiane e italiane si facessero gli interessi della Sardegna e del popolo sardo non staremmo, da sessant’anni, qui a parlare di vertenza Sardegna. Per parlare d’industria in Sardegna bisogna prima scogliere alcuni nodi.
  
Quali sono questi nodi che andrebbero risolti?
Ce ne sono tanti, quelli principali riguardano la questione energetica, il sistema dei trasporti e la viabilità interna ed esterna, la questione fiscale e la sovranità politica. L’indipendenza è l’unica soluzione ai mali storici della nostra terra, non l’industrializzazione selvaggia calata dall’alto: se fossimo sovrani in materia energetica, fiscale, di viabilità e trasporti sicuramente oggi avremmo un sistema industriale competitivo, sostenibile ed efficiente. All’indipendenza ci arriveremo con la sovranità politica e la sovranità politica si chiama ProgReS.

TESTO ORIGINALE

A BOSA PESCATORI IN RIVOLTA CONTRO "CIANCIOLO"

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno sabato 23 giugno 2012 alle ore 23.38 ·
 



I pescatori di Bosa incassano la solidarietà del territorio e segnano il primo punto nella partita contro il peschereccio toscano "I dieci Angelillo" che, forte di UN'AUTORIZZAZIONE DEL MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE, potrebbe cominciare già nelle prossime ore a praticare la cosiddetta pesca a 'cianciolo' sul mare di Bosa.

Intervenendo alla manifestazione che si è svolta questa mattina proprio davanti alla foce del Temo, l'assessore regionale all'Agricoltura e Pesca, Oscar Cherchi, ha annunciato per lunedì 25 la firma di un decreto che sospenderà la pesca nel mare di Bosa delle specie pregiate e a rischio.

Il decreto sarà valido per tutti e fermerà quindi anche i pescherecci della marineria di Bosa, ma secondo l'assessore sarebbe l'unico modo per fermare il peschereccio toscano armato con il famigerato cianciolo, un sistema di pesca che consente la cattura in tempi brevi di grandi quantità di pesce e proprio per questo contestato dai pescatori locali, che temono la devastazione finale di un habitat che già da tempo appare pericolosamente impoverito.

I pescatori toscani, il cui arrivo nel porto di Bosa era atteso per la giornata di oggi, dovranno quindi rinunciare alla loro campagna di pesca nelle acque della Sardegna occidentale,ma la marineria locale teme prove di forza e ha chiesto controlli accurati e severi anche per evitare il sorgere di tensioni con possibili problemi di ordine pubblico.
La manifestazione, con la riunione straordinaria del Consiglio comunale di Bosa e dell'Unione dei Comuni della Planargia, si è conclusa con l'occupazione simbolica del molo dell'Isola Rossa da parte di alcune decine di imbarcazioni.

Da Ansa del 23 giugno 2012

Nuova beffa: ‘Antitrust’ Italiano cede Tirrenia a monopolio CIN. Sardegna sia sovrana



Un altro colpo all’economia dell’isola: al termine dell’istruttoria, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha dato il via libera alla vendita di Tirrenia alla CIN (Compagnia italiana navigazione, controllata dalla Moby Lines di Onorato e dal Fondo Clessidra).
Si consolida così una preoccupante concentrazione di interessi nel mercato marittimo da e per la Sardegna con il placet di una legislazione Antitrust italiana ormai palesemente asservita ad affari politico-economici ostili allo sviluppo dell’isola.
Non è pensabile che in base all’art. 18 della legge 10/287 del 1990 l’Authority italiana giustifichi le distorsioni di mercato a favore di un oligopolio ignorando gli oltre 72 milioni di euro di compensazioni pubbliche di cui ha beneficiato Tirrenia ed ignorando il livello dei costi dei Trasporti nel mercato isolano. Avvallare legalmente un oligopolio – offrendo semplicemente degli sconti ai Sardi, una rimodulazione dei costi in base ai parametri del 2009 ed una ripartizione delle rotte fra Moby e Tirrenia – è l’ennesima beffa che conferma la volontà politica di Roma di controllare e rallentare il nostro sviluppo territoriale a favore dell’armatore italiano e dei suoi soci.
Per l’ennesima volta, il centralismo di Stato ha scelto di conferire ai Sardi il “contentino” piuttosto che il diritto.
Chiediamo pertanto che:
A) La Regione e l’intera classe politica Sarda escano dalla retorica di partito e si appellino alla Corte di Giustizia UE.
B) Si avvii la “zona franca”, inquadrando una defiscalizzazione delle accise sugli idrocarburi.
C) Si avvii un percorso legislativo per l’istituzione di un Antitrust Sardo indipendente da quello italiano.
D) La Sardegna sviluppi la competenza primaria sulla titolarità delle rotte, in linea con il diritto alla mobilità.
Bomboi Adriano,

Ass.ne U.R.N. Sardinnya,

23-06-12.

TESTO ORIGINALE 

PSD'AZ: INTERPELLANZA SULLA CENTRALE ENEL NEL POLIGONO MILITARE DI TEULADA

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno sabato 23 giugno 2012 alle ore 21.14 ·



INTERPELLANZA SANNA Giacomo – DESSI' – sull'assegnazione dei lotti per la realizzazione di impianti fotovoltaici dell'Enel nel poligono di Teulada.
I sottoscritti Consiglieri Regionali,

Premesso che:
- la Società Enel Green Power (EGP) si è aggiudicata due dei tredici lotti messi in gara da Difesa Servizi SpA per l'assegnazione di terreni del demanio militare sui quali realizzare impianti fotovoltaici;

- uno dei due lotti assegnati a EGP è quello di Teulada, dove la Società di Enel per le rinnovabili ha pressochè ultimato quello che diventerà il suo più grande parco in Italia, si tratta di circa 150 ettari su due aree di 70 e 80 ettari ciascuna;
- la cessione di 150 ettari dalla Stato ad Enel Green Power ha una durata di 25 anni per una produzione di non meno di 30 milioni di Kw, sufficienti per il fabbisogno di oltre 20 mila famiglie.

Appreso che:
- Il Consiglio comunale di Teulada ha contestato il progetto perchè si tratterebbe di un tentativo di industrializzazione di aree, ora destinate alla difesa, che sarebbero dismesse per fini speculativi privati senza prevedere alcuna ricaduta economica sul territorio;
- Il Comitato misto paritetico sulle servitù militari ha espresso il suo parere sfavorevole ai 150 ettari di pannelli fotovoltaici, dopo aver raccolto il consenso trasversale dell'intera assemblea civica che ha bocciato su tutta la linea l'iniziativa del fotovoltaico;
- non è stato seguito l'iter procedurale previsto dall'art. 14 che recita: La Regione, nell'ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo. I beni e diritti connessi a servizi di competenza statale ed a monopoli fiscali restano allo Stato, finchè duri tale condizione";

Chiedono di interpellare il Presidente della Regione per sapere se vi sia l’intendimento da parte dell’amministrazione regionale:
- di stralciare dai programmi di cessione attuati dal Ministero della Difesa, attraverso Difesa Servizi SpA, quei lotti destinati alla produzione di energia fotovoltaica nel poligono di Teulada;
- di farsi garante nel rispetto delle leggi:
1) per favorire l'avvio di un negoziato al fine di garantire alla comunità un ruolo da protagonista che gli permetta di programmare l'uso del proprio territorio;
2) perchè nel momento in cui si dovesse avviare la dismissione nel territorio interessato non rimanga in piedi un'altra concessione per ulteriori 25 anni;
                                                                  I Consiglieri Regionali
Cagliari, 21 giugno 2012



Dal Sito ufficiale del Partito Sardo d'Azione

SINDROME DI QUIRRA: CRITICHE IMPORTANTI RIVOLTE ALLA INADEGUATEZZA METODOLOGICA

ASCOLTA L'AUDIZIONE > http://www.radioradicale.it/scheda/328226/poligono-militare-di-quirra-relazione-finale-della-commissione-studi-di-impatto-ambientale-del-ministero-d
Poligono militare del Salto di Quirra. Antonio Onnis. Marco Schintu e Fernando Codonesu, tre esperti del Comitato di indirizzo della commissione di studio sull'impatto ambientale e sulla salute del Poligono, commentano i dati e le informazioni, ad oggi elaborate, dopo due anni e mezzo di misurazioni.
CRITICHE IMPORTANTI RIVOLTE ALLA INADEGUATEZZA METODOLOGICA dei campionamenti effettuati . 2,5 milioni di euro spesi per una indagine di caratterizzazione ambientale, che non ha incluso la salute, a differenza di quanto stabilito nel 2008 dal decreto del Ministero della Difesa che istituì la Commissione.

POLITICI SARDI "ITALIOTI", non contestano all'Italia il mancato versamento dei tributi, ma hanno il tempo per contestare Doddore

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno sabato 23 giugno 2012 alle ore 19.59 ·



ANTONIO PIU (La Destra): OFFENSIVI IL RISALTO MEDIATICO E POLITICO A DODDORE MELONI

Segnala "Il risalto mediatico e il riconoscimento politico dati a Doddore Meloni, autoproclamatosi Presidente della Repubblica di Malu Entu, sono un insulto alla politica e ai partiti che con fatica cercano quotidianamente di portare all'attenzione della stampa e delle istituzioni proposte politiche serie e in linea con i valori della Costituzione.
Qualche decennio fa le sortite di questi movimenti indipendentisti, a meta' strada tra il folklore e l'illegalita', sarebbero state relegate alla pagina della satira e invece campeggiano a tutta pagina tra gli altri articoli di politica regionale.
Ci tocca persino vedere il Presidente Cappellacci ricevere in dono e accogliere con simpatia le banconote di questa fantomatica nuova Repubblica.

Siamo sicuri che ci sia così tanto da essere allegri e prendere sottogamba questo fenomeno da baraccone?
I messaggi di indipendenza, di occupazione abusiva e di vilipendio di Stato e Istituzioni costituzionalmente sancite, stridono con i costanti richiami all'unita' del Presidente Napolitano e con la necessita' di coesione del popolo italiano, specie in un momento di grave crisi come quella che attraversa l'Italia in questo momento. Una cosa sono le doverose battaglie per il riconoscimento della nostra specificita', altro sono gli attacchi alla Nazione e allo Stato.

Rammarica il fatto che a dare cittadinanza a queste spinte secessionistiche sia proprio quel Presidente della Regione, fino a qualche mese fa attento interprete dei valori unitari, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni. Una pagina di storia unitaria e nazionale evidentemente voltata troppo in fretta"

Cosi' in una nota, il Segretario regionale de La Destra, Antonio Piu.
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Da: http://www.ladestranews.it/vita-da-partito/piu-offensivi-il-risalto-mediatico-e-politico-a-doddore-meloni.html
del 23 giugno 2012

venerdì 22 giugno 2012

QUIRRA: PRIMA UDIENDA, ASSENTE LA REGIONE, LO STATO ITALIANO DIFENDE I MILITARI MA NON I CITTADINI


pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno venerdì 22 giugno 2012 alle ore 0.37 ·



La folla radunata davanti al tribunale di Lanusei, il sipario giudiziario sul caso Quirra giunto alla prima udienza preliminare dopo un anno e mezzo di inchiesta e più di 10 di battaglie inascoltate, si apre con due grandi assenti: il ministero dell’Ambiente e la Regione Sardegna.

E prosegue con una grande domanda, sollevata in forma di eccezione procedurale, dal procuratore Domenico Fiordalisi: «Può lo Stato decidere di difendere i suoi uomini e non invece sè stesso?» E termina con una valanga di richieste di costituzione di parte civile che riempiono come un uovo l’aula al terzo piano del palazzo di giustizia ogliastrino. La carica dei 43. Sono 43, un numero davvero record. Ma sarà il gup Nicola Clivio a decidere il 18 luglio se accogliere tutte le richieste, dopo aver ascoltato cosa ne pensano anche gli avvocati dei venti indagati, ieri quasi tutti presenti: generali dell’Aeronautica, chimici dell’Sgs, ed ex sindaco di Perdasdefogu, Walter Mura, accompagnato dalla moglie e assistito dal decano dei penalisti sardi Luigi Concas in forma smagliante. Mancano solo, tra gli imputati, i docenti universitari di Siena e il medico Pierluigi Cocco.

Nella pattuglia di 43 aspiranti parti civili c’è davvero di tutto. Dalla cooperativa che alleva api, ai cultori del miele, alla folta pattuglia di associazioni ambientaliste come Wwf e Legambiente, passando per l’Asl di Lanusei con l’avvocato Marcello Caddori, la Provincia di Cagliari con la presidente Angela Quaquero, la Coldiretti, Sardigna Natzione con Bustianu Cumpostu, i comuni di Villagrande, Villaputzu, Tertenia e Ulassai, i comitati di cittadini come lo storico “Gettiamo le basi” con Mariella Cao e gli amici di Su Giassu di Villaputzu con l’avvocato Gianfranco Sollai. Ma ci sono anche i familiari delle persone morte per tumore, quindici pastori di Perdasdefogu, assistiti dal legale Marco Pilia. E anche tre abitanti di San Vito, che presentano la richiesta di costituirsi parte civile in virtù di un certo “turbamento psicologico” che avrebbero registrato a causa della vicinanza del poligono.

Lo Stato difende solo i generali. Ma nel mezzo, prima di tutto, c’è una grande questione che dalla giurisprudenza si allarga fino ai temi dell’etica: può lo Stato decidere in un processo di difendere i suoi uomini e non se stesso, ovvero i cittadini? Per Fiordalisi non può e da questo punto, ieri mattina, parte il procuratore. Codice penale sul tavolo, poche altre carte attorno, uno stuolo di avvocati alle sue spalle, una folta rappresentanza di cittadini e associazioni che mormora in fondo alla sala. E tutt’intorno un ricco contorno di familiari, conoscenti, telecamere e microfoni giunti anche dalla Germania per vedere cosa succedeva nel caso Quirra. Sono le 11, dunque, quando in udienza partono le prime bordate. Il procuratore si alza e solleva la prima questione procedurale: c’è un’incompatibilità, afferma in sostanza e citando anche le norme più recenti, legata alla presenza dell’avvocatura dello Stato che difende i sei generali ed ex comandanti del poligono di Perdasdefogu.

In altre parole, c’è un conflitto di interessi perché lo Stato, attraverso la sua avvocatura, sta difendendo i suoi uomini, ma non lo Stato stesso, visto che ieri non ha presentato richiesta per costituirsi parte civile. Assenti ministero e Regione. Poco dopo, ma allargando il discorso, la stessa questione la solleva anche l’avvocato Agostinangelo Marras, che tutela come parte civile il comune di Villagrande con il sindaco Giuseppe Loi. «È preoccupante e significativo — dice — che i ministeri dell’Ambiente e della Difesa non si siano presentati, e che lo Stato abbia fatto una precisa scelta di campo preferendo difendere gli imputati piuttosto che lo Stato stesso.E' significativa anche l’assenza della Regione Sardegna».

Quest’ultima, in realtà, prima tramite un comunicato dell’Asl di Lanusei, firmato dal direttore generale Francesco Pintus, poi tramite i suoi portavoce, fa sapere che ha già pronte tutte le carte per costituirsi parte civile. Ma resta il fatto che ieri non c’era e che la sua assenza fa parecchio rumore. Il gup ascolta tutto e decide di prendersi mezz’ora di tempo per decidere sulla presunta incompatibilità dell’avvocatura dello Stato, ma poco dopo torna in aula e rigetta l’eccezione. Nessuna incompatibilità. L’incompatibilità non c’è, afferma, perché lo Stato non si è costituito parte civile. E l’avvocato dello Stato, Francesco Caput, che tutela i sei generali, gongola soddisfatto. «Nessuna incompatibilità», ripete, mentre il gruppetto di alti ufficiali dell’Aeronautica, Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi e Paolo Ricci, al suo fianco, lo ascolta con attenzione. Finisce la prima questione, dunque, e in udienza preliminare comincia la carica delle aspiranti parti civili. Il gup deciderà se accoglierle nelle prossime due udienze, il 18 e il 25 luglio. Entro l’estate, dunque, dovrebbe arrivare la decisione sul rinvio a giudizio.

Da La Nuova Sardegna del 21 giugno 2012

FURAT CHIE BENIT DAE SU MARE


ADESIONE ALLA MANIFESTAZIONE POPOLARE DI SABATO A BOSA MARINA


È da anni che si parla di soluzioni per lo sviluppo della nostra economia e la pesca che potrebbe rappresentare per noi sardi un introito di tutto rispetto non viene solo trascurata, ma addirittura svenduta dalla classe politica italianista al primo buon offerente.
Se i sardi avessero uno stato, o almeno una classe dirigente autorevole e non sottomessa, i nostri pescatori non dovrebbero preoccuparsi. Il loro mare sarebbe al sicuro dall’invasione delle grosse barche straniere che praticano tipi di pesca che non solo rapinano sistematicamente i fondali , ma ne pregiudicano quasi totalmente il naturale ripopolamento.
Furat chie benit dae su mareCosì non è, e come al solito i lavoratori sardi assistono impotenti alla sfilata di consiglieri e assessori regionali fintamente impotenti e imbelli, i quali cercano più che altro di ammansire gli animi e di placare la voglia di ribellione a questo sistema di rapina e saccheggio delle nostre risorse.

Quello che accadrà a Bosa è la conseguenza di questa politica scellerata: Il peschereccio toscano "I dieci Angelillo" con l'autorizzazione del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste sbaraglierà la concorrenza utilizzando le  grandi reti (sistema di pesca col cianciolo) che permettono appunto di portare a bordo enormi quantità di pescato in tempi brevissimi setacciando il fondale e devastando l’ecosistema.
Duecento chilometri più a sud lo scenario non cambia:  la pesca del tonno rosso riempie il conto in banca della famiglia Greco di Genova proprietaria delle tonare di Carloforte. I Greco hanno interesse a fare profitto, assumono lavoratori con stipendi da fame e quasi mai di Carloforte. Sulle tonnare volanti (gestite da maltesi, spagnoli, italiani) impiegano radar che individuano e catturano interi banchi del pregiatissimo tonno rosso a rischio estinzione.
I tonni poi vengono trasportati sino a Malta dentro enormi gabbioni galleggianti trainati da rimorchiatori, ingrassati, macellati e imbarcati su speciali aerei diretti verso il Giappone. 
Insomma ora i tonnaroti non ricevono più nemmeno  la bottarga e il musciame che gli garantiva di integrare la misera busta paga giornaliera e alla popolazione di Carloforte non rimane della pesca al tonno, se non il ricordo e antiche fotografie da museo.
Dopo il saccheggio delle risorse del suolo, del sottosuolo e dell’energia eolica e solare arriva il saccheggio del mare!



►A Manca pro s’Indipendentzia appoggia la mobilitazione della comunità dei pescatori bosani e la manifestazione di sabato 23 giugno alle 10:00 del mattino a Bosa Marina e il diritto ad azioni di disobbedienza civile che ostacolino e impediscano ai pescherecci toscani la pesca nelle nostre acque territoriali.

►A Manca pro s’Indipendentzia appoggia l’iniziativa della lista civica Tabarchin Pau ben in Cümun di portare Carloforte a farsi promotore per una Moratoria per il tonno rosso per il ripolamento dei mari e per il ritorno ad una pesca nelle mani della comunità di Carloforte con tonnare fisse.
Direttivo Politico Nazionale
A Manca pro s’Indipendentzia


TESTO ORIGINALE

QUIRRA: IL POLIGONO DEI VELENI

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno mercoledì 20 giugno 2012 alle ore 23.35
 
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 Si dovrà attendere la prossima udienza davanti al Gup di Lanusei, fissata per il 18 luglio, per sapere se i 20 indagati dalla Procura sul caso Quirra verranno rinviati a giudizio. È iniziata questa mattina l’udienza preliminare in Tribunale a Lanusei per i 20 rinvii a giudizio chiesti dal pm Domenico Fiordalisi, al termine delle indagini per disastro ambientale nell’area del Poligono sperimentale interforze del Salto di Quirra.

Si sono costituiti parte civile la Provincia di Cagliari, i comuni di Villaputzu, Villagrande, Ulassai e Tertenia, la Asl 4 di Lanusei, Legambiente, il comitato Gettiamo le basi e un gruppo di pastori, alcuni aderenti alla Coldiretti.

Anche la Regione Sardegna è pronta a presentare nei prossimi giorni la richiesta FIORDdi costituzione di parte civile nel procedimento sul presunto danno ambientale nel poligono del Salto di Quirra, dopo che il procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi ha chiesto il rinvio a giudizio di venti persone, tra le quali ex comandanti dell’area militare. La documentazione è stata già predisposta dall’ufficio legale - fanno sapere dalla Regione, che risulta fra le parti offese - e la richiesta sarà formalizzata al più presto.

In aula stamani quasi tutti i 20 indagati: tra i nomi eccellenti vi sono generali ed ex comandanti che si sono avvicendati negli anni sia a Perdasdefogu sia nel distaccamento a mare di San Lorenzo, ma anche ricercatori e tecnici universitari assieme all’ex sindaco di Perdasdefogu.

Le accuse, in varia misura, vanno da omissioni dolose, favoreggiamento, falso ideologico in atto pubblico e anche ostacolo aggravato alla difesa del disastro ambientale nel Poligono interforze di Quirra. Sull’udienza di oggi è intervenuta, con una nota, anche la SGS, società che annovera due suoi chimici tra gli indagati. A questi, precisa la società «vengono contestate accuse facilmente smentibili. Innanzitutto i due chimici non sono pubblici ufficiali e la loro relazione non è un atto pubblico, ma l’esito di un contratto privatistico. Inoltre le singole accuse si basano su una serie di palesi inesattezze, come quella sul presunto occultamento della composizione delle nanoparticelle: non è vero, la composizione è riportata a pagina 259 della relazione SGS, basta sfogliarla.

È invece il Pm che dovrebbe spiegare come sia possibile che gli indagati debbano costantemente apprendere dalla stampa degli atti di questo procedimento, come è avvenuto con la notizia di chiusura delle indagini. Per quanto ci riguarda - conclude la nota - non possiamo che rimetterci alla indiscussa competenza e al buon senso del giudice per le indagini preliminari».

Da La Nuova Sardegna del 20 giugno 2012

Indipendenza, indennità, immoralità e ansia di potere

DAL BLOG DI PAOLO MANINCHEDDA (PSD'AZ) ...se gli indipendentisti facessero una proposta unitaria di governo della Sardegna e di competizione con l’Italia potrebbero vincere.

19 giugno 2012 
 
sl0966Ripetutamente ho chiesto, in questi ultimi due anni, di andare a votare anticipatamente. Perché? Perché penso che oggi, se gli indipendentisti facessero una proposta unitaria di governo della Sardegna e di competizione con l’Italia potrebbero vincere.
Oggi, ciò che a lungo è stata una minoranza culturale, può scrivere una pagina importante della storia sarda, perché l’indipendentismo odierno non è rappresentazione di purezza ideologica, non è settarismo, è invece proposta di governo,  capace di risultare convincente per gli operai, per i professionisti, per gli imprenditori, per i disoccupati, per le persone. Vorrei andare a votare per dar voce a questa novità: l’indipendentismo è oggi risposta ai problemi, proposta di soluzione; è il luogo di maggiore concentrazione delle competenze e delle novità. Soffre ancora di ideologismo, di vocazione alla frammentazione e all’esclusione, ma è ormai forza di governo.
Che cosa disturba di questo rinnovato spirito dell’indipendentismo sardo? Disturba l’autonomia culturale e politica dalla Destra e dalla Sinistra italiane. Disturba la disinvoltura  con cui cerca di disarticolare la Destra e la Sinistra sarde (questa è l’accusa principale che muovono al sottoscritto, che non ha mai nascosto di non appartenere né all’una né all’altra e di lavorare per consumarle entrambe). Disturba l’indifferenza alle parole d’ordine del culturame italiano. Disturba l’irriverenza verso i simboli dell’immobilismo italiano (dalla sacralità della Costituzione alla venerazione per Napolitano). Disturba, in una parola, la pretesa di centralità dell’indipendentismo sardo.
In questo quadro si inserisce la battaglia politica innescata sulla leggina per le indennità.
Io ho votato per tagliare l’indennità del 30%, la diaria del 20% e i fondi ai gruppi del 20%. Poi per cinque giorni ha prevalso un’interpretazione del testo (che ha aporie procedurali, certamente, però assolutamente risolvibili) che portava a ritenere che il taglio fosse stato ridicolo. Adesso si è capito che il taglio è il più consistente mai realizzato. Adesso si è capito che, mentre fino alla XII legislatura le indennità sono aumentate, nella XIII sono diminuite di poco e in questa sono diminuite e diminuiranno di molto. Il merito della questione, dunque, è incostestabile e comunque sarà presto visibile.
Eppure, nonostante tutto questo stia progressivamente diventando chiaro, una parte consistente della sinistra radicale (non della sinistra sociale) si trova unita con l’estrema Destra a volere produrre la fine della legislatura in virtù di una censura morale generica e generalizzata. Il grillismo di popolo sta generando il grillismo di élite.
Il disegno politico mi pare chiaro. La piccola borghesia sarda delle professioni garantite, la più italiana che ci sia, intravede la possibilità di conquistare il governo dell’Isola sull’onda dell’indignazione; capisce che c’è qualcosa di importante nell’aria, un cambiamento inevitabile, e si candida a governarlo, non però con un progetto, ma con una condanna. La condanna è il progetto. Meccanismi già visti e tragicamente conclusisi nella storia.
Il vero obettivo di questo endorsement dell’indignazione (che socialmente è meno radicata di quel che sembri, perché operai, imprenditori, insegnanti ecc, sono alle prese con altri problemi e sono molto attenti a chi ha idee per produrre soluzioni) da parte delle seconde file dell’attuale classe dirigente (perché socialmente questo erano e sono molti capi dell’indignazione) è la conquista del governo della Sardegna senza dover correre il rischio e la fatica di dire il proprio programma di governo.
Perché questo silenzio? Perché sostituire la condanna degli altri al proprio progetto? Perché il progetto è banalmente un progetto autonomista; è banalmente una promessa di buon governo ordinario; è una promessa etica - noi siamo migliori - non politica.
Mi vengono in mente facili paragoni con la storia, la tragica storia italiana, ricchissima di episodi di presunto cambiamento prodotti dall’indignazione e risoltisi non in una riforma profonda delle istituzioni, dei processi culturali, delle dinamiche della libertà e dell’economia: no. Si sono tutti puntualmente risolti in un mantenimento delle istituzioni consunte e inefficienti.
A maggior ragione bisogna andare a elezioni: bisogna accettare di misurarsi col Partito della Condanna e delle Condanne , il quale sa che l’unica forza che ha un progetto da contrapporre all’estetica delle forche è l’area indipendentista. Fino a che il Partito della Condanna non si misura col consenso, dichiarerà di rappresentare il popolo, usurperà una delega che non ha (un po’ come fanno il Corriere e Repubblica), ma soprattutto si sottrarrà al dovere di illustrare il proprio progetto di governo.
Il confronto sui temi etici è importante: bisogna accettarlo a testa alta e con memoria lunga. Si parla, per esempio, di realizzare un taglio più consistente sui fondi per i Gruppi. Quindi, dopo l’unico provvedimento mai assunto sui tagli ai gruppi, si rilancia. Ma perché prima non si parla di fare chiarezza fino in fondo sulla loro gestione passata e presente? I silenzi sono più eloquenti delle dichiarazioni. C’è stata un’inchiesta in Sardegna sull’utilizzo dei fondi dei Gruppi consiliari, un’inchiesta seguita con attenzione dalla Nuova Sardegna e sulla quale non si è scatenata alcuna indignazione. Perché? Io un’idea ce l’ho. Ne riparleremo.

TESTO ORIGINALE

PORTO RICO, VINCE CUBA: ONU RATIFICA DIRITTO ALL’INDIPENDENZA DA USA


Roma - Il testo accolto dalla commissione per la decolonizzazione, Washington riconosca autodeterminazione 
 
anteprima

Roma - La commissione Onu per la decolonizzazione accoglie la richiesta, avanzata da Cuba, di riconoscere il diritto all’indipendenza di Porto Rico, attualmente sotto sovranità statunitense. Il testo, presentato dall’Avana con gli auspici di Bolivia, Ecuador, Nicaragua e Venezuela, è stato ratificato oggi dall’organismo delle Nazioni Unite ed esorta gli Stati Uniti a portare a termine la devoluzione dei poteri al popolo portoricano, riconoscendo il diritto all’autodeterminazione. Nel documento si chiede inoltre la scarcerazione di tre detenuti, reclusi in penitenziari statunitensi per il loro coinvolgimento nella lotta per l’indipendenza della popolazione portoricana. Uno dei tre, Oscar Lopez Rivera, è in carcere da 31 anni.   (ilVelino/AGV)
(red/bic) 19 Giugno 2012 17:28
 

VI RICORDATE ANCORA DEL REFERENDUM TRUFFA? NOI ABBIAMO LA MEMORIA LUNGA!



A proposito del referendum truffa del 6 maggio 2012, ci teniamo a ricordare ai Sardi la posizione che a suo tempo assunse a Manca pro s’Indipendentzia.
Sulle indennità: "dae corbu non naschet columba".

Nei giorni precedenti il referendum siamo persino stati accusati di voler difendere la casta, perché abbiamo puntualmente spiegato la natura truffaldina e imbrogliona dei quesiti e l’appartenenza alla cosiddetta “casta” dello stesso Comitato promotore referendario. Sostenevamo che l’unico risultato del referendum sarebbe stato quello di aumentare il potere dei politici regionali mentre, in buona fede, molti sostenevano l’operato di Prato e Vargiu.

Oggi possiamo valutare obiettivamente che avevamo ragione:

-   - Verranno abolite le ex nuove provincie e non si sa con che organismi verranno rimpiazzate, in ogni caso non c’è scritto da nessuna parte che i nuovi organismi saranno popolati da gente migliore di quella che prima affollava le provincie.
-   - Il numero dei consiglieri regionali è diminuito, e, mentre la spesa per la politica resta uguale, adesso potete avere la certezza che sarà ancora più difficile entrare in Regione se non si appartiene ad uno dei grossi partiti che vengono comunemente definiti “casta”. Perché per entrare in Regione ora saranno necessari molti più voti, quindi molta più spesa per la campagna elettorale che ovviamente soltanto i capi-bastone dei grandi partiti possono permettersi.
-   - I soldi che si pretendeva di togliere ai politici sono stati ben presto ripristinati, come vi avevamo detto, anche in questo caso, e i loro stipendi sono più al sicuro che mai.


-         In compenso i sardi hanno muittato via montagne di soldi per un referendum che aveva l’unico scopo di sponsorizzare la carriera politica di alcune “stelle” dell’italianismo in declino come appunto Prato e Vargiu!

Coloro che sono andati a votare sono stati ingannati, come noi cercavamo di avvertire, e hanno loro malgrado rafforzato la casta dei partiti italiani, altro che “grande vittoria del popolo sardo”, come qualcuno si era troppo presto affrettato a dire, travolto dall’entusiasmo! Altro che tagli agli stipendi dei consiglieri! Altro che «abrogazione» delle indennità!

Per la cronaca, 60 consiglieri hanno votato SI (tutti i gruppi politici rappresentati in Consiglio, dal Centro Destra al Centro Sinistra).
3 consiglieri astenuti, Dei Riformatori (promotori del referendum truffa), tre hanno abbandonato l’Aula e due sono rimasti votando SI.

Alla diffusione dei nomi dei consiglieri regionali che hanno approvato il ripristino delle indennità Michele Cossa, coordinatore regionale dei Riformatori Sardi (uno dei partiti principali ispiratori del referendum) ha commentato così: “… non ritengo accettabile il fatto che, questa mattina durante la pacifica manifestazione contro la norma sulle indennità consiglieri regionali, siano stati letti nomi di consiglieri regionali che in coscienza hanno fatto ciò che hanno ritenuto giusto".
Ogni considerazione a questo punto appare superflua.


Direttivo Politico Nazionale
A Manca pro s’Indipendentzia



DODDORE MELONI CON LE PROVINCE: UN'ALLEANZA SUI REFERENDUM

La marcia di Doddore Meloni per deifendere il suo referendum sull'indipendenza è arrivata a Cagliari. Per un incontro con i presidenti delle province riuniti al palazzo regio 

 

GUARDA IL VIDEO ... 

Pesca a cianciolo a Bosa: denuncia iRS


S.A., 18 giugno 2012 
La denuncia arriva dal partito indipendentista sardo che accusa Ministero e Regione ad autorizzare una pratica che provoca in tempi brevi il depauperamento del mare e per questo vietata anche nella vicina Corsica
Pesca a cianciolo a Bosa: denuncia iRS


BOSA - Il peschereccio toscano "I dieci Angelillo" potrà svolgere a Bosa, con l'autorizzazione del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, la pesca con il cianciolo.

Si tratta di una tecnica di circuizione dei branchi: grazie all’impiego di grandi reti si ha la possibilità di salpare a bordo enormi quantità di pescato in tempi brevissimi. La denuncia arriva da iRS, il partito indipendentista sardo, che critica una pratica che provoca il «depauperamento del mare e perciò recentemente sempre più osteggiato dalle comunità e dalle marinerie locali perché considerato molto dannoso ai fini del ripopolamento ittico».

«Non è un caso - aggiungono Gavino Sale e gli altri - che nella vicina Corsica questa pratica sia severamente vietata». E «in Sardegna - dicono da indipendèntzia Repùbrica de Sardigna - avviene con la complicità della Regione».

Nella foto: Gavino Sale 

Documento. Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu (Mlns) denuncia l’Italia all’Onu

Cagliari, 04 giugno 2012

Spett. le Onu
Director General
Mr. Kassym-Jomart Tokayev
Palais des Nations
Avenue de la Paix 8-14
1211 Geneva 10
Switzerland

Oggetto: Denuncia di occupazione, dominazione e colonizzazione della Nazione Sarda da parte dello Stato straniero italiano. Rivendicazione di sovranità del Popolo Sardo
Con il presente documento il Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu (Movimento di Liberazione Nazionale Sardo) rivendica la sovranità del Popolo Sardo ed esige la liberazione della Nazione Sarda dall’occupazione illecita e illegittima dello stato straniero italiano. Alla Nazione Sarda ed al suo Popolo, storicamente indipendente dal IX al XV secolo d.c., è impedito l’esercizio del legittimo diritto alla sovranità nel proprio territorio a causa dell’occupazione italiana, uno stato straniero colonialista e razzista.
Storicamente la Nazione Sarda dal 1409 ha subito l’occupazione della Corona d’Aragona, nel 1718 dell’Austria e dal 1720 dei Savoia; dal 1861 vi è poi “de jure e de facto” l’illegittima, illecita, nonché violenta e repressiva occupazione, anche militare, dello stato straniero italiano.

Ciò premesso
Codesta Organizzazione delle Nazioni Unite si attivi, unitamente e d’intesa con questo Movimentu de LiberatzioniI Natzionali Sardu per garantire l’immediata cessazione dell’illegittima ed illecita occupazione dello stato straniero italiano dal territorio della Nazione Sarda. 

Assicuri l’immediato effettivo ritiro dello stato occupante, con le sue istituzioni e le sue forze armate, dal territorio della Nazione Sarda 

Garantisca la necessaria istituzione della Polizia Sarda e la affianchi con l’invio di proprie forze di interposizione ai confini territoriali e con l’invio di propri Osservatori onde consentire le libere elezioni dei nuovi Organi Istituzionali del Popolo Sardo.
Sostenga, anche con finanziamento ad hoc il processo di ripristino e di ricostruzione della Nazione Sarda

Condanni lo stato straniero italiano al risarcimento di tutti i danni da occupazione, comprensivo dei danni di guerra per i passati conflitti mondiali e colonialisti e dall’illegittimo prelievo fiscale dal 1861 alla data dell’effettiva cessazione della suddetta occupazione

Prenda atto
- del costituitosi presente Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu, nato al solo e imprescindibile scopo di liberare il Popolo Sardo dall’occupazione, dalla dominazione e dalla colonizzazione posta in essere dallo stato straniero italiano
- della legittimazione di questo Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu ad agire in nome del Popolo Sardo sul piano internazionale attraverso il proprio apparato istituzionale ai sensi e per gli effetti dell’art. 96.3 del Primo Protocollo di Ginevra del 1977.
- Dell’elevato valore e del vitale interesse per il Popolo Sardo che ha questo documento e che esso sia recepito nel suo più alto significato anche se in difetto, senza fraintendimenti e senza sollevare eccezione alcuna e tanto meno eccezione che possa comportarne il rigetto.
Gli eventuali allegati verranno prodotti alla bisogna.

Per il Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu
Il Presidente – Sergio Pes


ECCO I NEO CONSIGLIERI DELLA “REPUBRICA DE SARDIGNA”


iRS  -indipendèntzia Repùbrica de Sardigna- si congratula con i propri neo-consiglieri  votati nelle ultime elezioni amministrative: Alessandro Dongu candidato sindaco della lista ozierese “Insieme” che ha raggiunto l’11,1% delle preferenze; Marco Stincheddu a Chiaramonti; Pietro Mulargia a Bulzi; Omar Pani a Erula.
Complimenti anche a chi non è entrato nel proprio consiglio comunale ma ha lavorato incessantemente in questi ultimi mesi di campagna elettorale e continua a dare il suo contributo.
In tempi dove il bi-partitismo sembrava ormai passato non si può fare a meno di notare che l’isola in alcune sue regioni conserva lo status-quo politico che ha trascinato la Sardegna nella fase più buia della propria autonomia. Nonostante ciò dall’ombra emergono chiaramente sentimenti di rinnovo in quei comuni che hanno scelto di essere rappresentati da sindaci indipendentisti. Questo non può che essere un fattore positivo per il mondo indipendentista sardo che lavora fiducioso per la Repubblica.
http://www.irsonline.net/

ARTICOLO ORIGINALE

La crisi del capitalismo e la lotta di liberazione nazionale in Sardigna


Crisi capitalista e indipendenzaDa un secolo all’altro.
Esattamente un secolo fa l’Europa viveva una stagione particolarmente travagliata.
Lo sviluppo industriale, così come aveva accelerato a grande velocità il progresso tecnologico, lacerava terribilmente la società dividendola tra masse enormi di diseredati e sfruttati e ristrette élites di ricchi capitalisti e borghesi. Le banche preparavano la più sanguinosa delle battaglie, avviando il processo di costituzione dei monopoli mondiali dell’industria e della finanza. A causa principalmente di questo fattore, e per accumulare al più presto un vantaggio sui concorrenti, le guerre di aggressione coloniale si susseguivano nei confronti di Asia e Africa.
Nei parlamenti degli Stati europei, salvo eccezioni, le destre e le sinistre si fronteggiavano a suon di scandali, unendosi solennemente come un corpo solo ogni qualvolta fosse necessario salvaguardare le esigenze dei banchieri e dei capitalisti, a partire da questioni fiscali sino ad avviare una spaventosa corsa agli armamenti e a dare il via libera ad una serie di sanguinose guerre coloniali e imperialiste. Le classi benestanti, da parte loro, si godevano la Belle Époque, reagendo con una buona dose di ottimismo ai minacciosi segnali di distruzione che offuscavano l’orizzonte.
Il nostro Paese, la Sardigna, sfruttata e martoriata dalla rapina prima piemontese e poi italiana, pativa una delle stagioni più nere della sua lunga storia. Terreno di caccia per ogni avventuriero straniero, popolata da genti vessate in maniera disumana, la nostra patria sopportava come una bestia da soma qualsiasi sopruso, accettava qualsiasi compromesso lasciando assopite le sue antiche aspirazioni d’indipendenza sotto il giogo coloniale italiano. Si obbligavano i Sardi a professarsi italiani, e, non appena essi pensarono di esserlo, l’Italia li premiò macellandoli sulle trincee per i suoi insaziabili sogni coloniali.
Purtroppo ciò che qui viene descritto come scenario europeo di un secolo fa, può essere riletto anche come descrizione dell’Europa dell’inizio di questo secolo, come valutazione di ciò che tragicamente si profila sotto i nostri occhi.


La crisi è strutturale.
Innanzitutto va detto che la crisi del capitalismo occidentale è strutturale e di lungo corso e non è reversibile. La crisi dei mutui e dei cosiddetti “titoli tossici” americani che ha dato il via alla crisi internazionale mettendo in ginocchio molte grandi banche d’affari e che sta intossicando il mercato della finanza mondiale non è infatti una disgrazia caduta dal cielo ma una necessaria conseguenza del sistema capitalistico. Le crisi strutturali del capitalismo mettono in discussione il modello di accumulazione capitalistico e provocano gravi collassi e scompensi di natura economica, che si risolvono storicamente con grandi conflitti militari e ristrutturazioni geopolitiche, spesso totalmente incontrollabili.
Solo per fare un esempio, l’ultima crisi strutturale del capitalismo risale al 1929, dalla quale il mondo uscì con il nuovo modello fordista e keynesiano (sostegno alla domanda) e con la Seconda Guerra mondiale.
La crisi attuale del capitalismo è molto più critica di quella del 1929 perché coincide con lo sviluppo di nuovi poli economici in piena ascesa (Sud America, India, Cina) in un’economia ormai globalizzata e in piena situazione di stallo dell’economia reale (legata alla produzione), a tutto vantaggio e sviluppo dell’economia finanziaria e della speculazione bancaria. A questa crisi le classi dirigenti capitalistiche hanno cercato di rispondere con politiche economiche basate sul monetarismo. La principale e più accreditata nei circoli dominanti è la “Modern Money Theory” che si basa sulla necessità di ridurre la spesa pubblica mediante una politica economica sempre basata su trattamenti di forte austerità e di contenimento del costo del lavoro.
I media e i politici borghesi cercano di far passare l’idea che la crisi sia determinata dall’evasione fiscale e da strane e imprevedibili congiunture economiche. In realtà le cose non stanno così. La causa della crisi strutturale dell’economia capitalistica consiste nella dipendenza dalla speculazione borsistica e finanziaria e dal debito pubblico (chiamato anche “sovrano”) degli Stati occidentali.
Basti pensare che nel 2010 il PIL mondiale legato all’economia reale ammontava a 74.000 miliardi di dollari e nello stesso anno il mercato obbligazionario valeva 95.000 miliardi di dollari, il mercato borsistico 50.000 miliardi di dollari e i derivati 600.000 miliardi di dollari. Come se una persona guadagnasse 10.000 euro in un anno di lavoro ma ne spendesse 100.0000 firmando cambiali e firmando assegni scoperti convinto di avere un fido bancario pressoché illimitato. Un’economia di carta sorretta soltanto dall’arroganza militare dell’Occidente, da una massiccia propaganda mediatica e dalla fiducia indotta verso il sistema capitalistico che porta i creditori a non richiedere di rientrare in possesso delle proprie risorse. Per far fronte a quest'indebitamento emettono dei titoli su cui pagano degli interessi. Per esempio lo Stato italiano per coprire i 2.000 miliardi di euro di debito emette dei titoli che si chiamano BOT, BTP, CCT, CTZ, BTP che cerca di piazzare sul mercato azionario con la speranza che qualcuno li compri. Se nessuno li compra lo Stato fallisce perché si trova totalmente sguarnito di liquidità con cui pagare i servizi e gli interessi al debito: praticamente un circolo vizioso infernale da cui è impossibile uscire rimanendo nel solco dell’economia a “libero mercato”. Ecco spiegato perché gli Stati, anche se sono indebitati fino al collo, non risparmiano sulle spese militari: perché il possesso di tecnologie belliche molto moderne garantisce la loro unica possibilità di mantenere il loro primato e di alimentare la “fiducia” nel sistema. L’Occidente capitalistico è dunque una gigantesca banca in bancarotta che teme la folla dei creditori inferociti e si arma fino ai denti per salvarsi la pelle!

Crisi e nuova dittatura economica.
Bisogna anche sapere che il 90% del mercato dei derivati finanziari è in mano a quattro grandi banche d’affari: JP Morgan Chase Bank, Citibank National, Bank of America e Goldman Sachs Bank. In particolare la The Goldman Sachs Group, Inc. è una delle più grandi banche d'affari del mondo. Questa grande banca fa profitti fornendo azioni di titoli di debito, facendo brokeraggio ad alti livelli, e piazzando i titoli di debito dei governi occidentali a rischio default.
In sintesi le grandi banche d’affari fanno soldi con la crisi,  cioè comprando e vendendo i titoli di debito. Nel frattempo gli esponenti più in vista di queste banche entrano nei governi per indirizzare politiche monetarie favorevoli alla speculazione finanziaria rispetto all’economia reale. Non è un caso per esempio che fra gli ex consulenti più illustri della Sachs Bank figurino l’ex presidente del Consiglio italiano Romano Prodi, Gianni Letta, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri nei governi guidati da Silvio Berlusconi, il Governatore della Banca centrale europea Mario Draghi e l’attuale Presidente del Consiglio italiano Mario Monti. Insomma la crisi serve ovunque per far accettare all’opinione pubblica la necessità delle privatizzazioni, per riformare in senso radicalmente liberista il mercato del lavoro e per ristrutturare in senso verticistico e militare la società dei consumi e dell’alta finanza.

Il tramonto dell’eurozona.
La UE, nonostante la propaganda martellante sull’unità europea, è spaccata in almeno tre grandi macroaree economiche ben distinte. A Nord gli Stati della mitteleuropa con l’aggiunta di Francia e Inghilterra ad egemonia tedesca si fondano su un’economia industriale basata sull’export e sull’intervento dello Stato nell’economia. Ad Est Paesi ad economia debole sono attirati nell’eurozona come mosche sul miele al fine di conquistare appetibili zone di mercato, sottraendole ai competitori russi ed asiatici. A Sud (area mediterranea) invece ci sono invece i cosiddetti Stati PIIGS (dalle iniziali dei nomi degli Stati che in inglese significa “maiali”: Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, con l’aggiunta dell’Irlanda, destinati a diventare velocemente un’area di colonizzazione interna, a cui imporre la deindustrializzazione, le privatizzazioni e un ruolo da meri consumatori ed importatori dei produttori europei ad economia più solida. I Piigs risultano essere “importatori ideali” e il loro debito (che cresce ogni giorno di più) è del tutto complementare agli Stati dotati di surplus economico e finanziario.
Insomma, andando oltre la cortina della propaganda sull’Europa dei popoli e dei cittadini, appare abbastanza evidente che  la UE e l’unione monetaria sono servite in realtà ad abbattere ogni barriera allo sviluppo dell’export dell’area nord europea ad egemonia tedesca e a competere nei giochi di borsa con il dollaro e lo yen.
Lo scambio ineguale all’interno della UE si reggeva ovviamente sull’illusione neoliberista che la crescita dei consumi (almeno in Occidente) potesse essere infinita. In modo simile a quanto avvenuto per la bolla dei mutui negli USA, il mercato europeo ha ignorato per anni le fragilità del sistema su cui si sorreggeva la sua economia puntando tutto sulla stabilità del mercato data dall’unità politica dei governi europei e dalla forza militare dell’Occidente sul resto del mondo. In altre parole la festa è finita e agli stati debitori vengono imposte pesanti misure di austerità per pagare i debiti, come appunto accade in Italia e in Grecia. FMI e BCE coordinano le operazioni e indirizzano le politiche in questa direzione ma l’austerità non riuscirà a pareggiare i bilanci, che sono semplicemente impareggiabili anche a costo di enormi sacrifici.

Venti di guerra.
A testimonianza di questa tendenza alla concentrazione al vertice della UE sta la gestione di due organismi che dimostrano la vera natura colonialista e imperialista del processo di unificazione europea.
- Il primo è il MES "Meccanismo Europeo di Stabilità": una istituzione che dovrà affrontare la crisi dei debiti sovrani che ha pieni poteri per affrontare le insolvenze. Una sorta di fondo monetario europeo che verrà istituito dalla metà del 2013 per rispondere alle crisi dei Paesi dell’eurozona a capitale iniziale di 700 miliardi approvato in sordina per evitare la bancarotta degli Stati dell’eurozona. Tutti gli stati della UE devono corrispondere la loro quota al MES (le prime tre quote sono della Germania che mette 190 miliardi, la Francia 160 e l’Italia 125 miliardi). Ma il capitale di 700 miliardi è solo l’inizio: il consiglio di gestione del MES può richiedere ai Paesi membri, a suo insindacabile giudizio, ogni tipo di somma e sarà assolutamente immune da qualunque procedimento legale e i suoi documenti saranno inviolabili. Avrà poteri finanziari pressoché illimitati e potrà pretendere dagli stati UE infinite somme di denaro per far fronte alla crisi monetaria. Si tratta in pratica di una super cabina di regia dell’alta finanza europea finalizzata a spostare ingenti capitali dal pubblico al privato senza dover sottostare ad alcuna regola e controllo.
-       Il secondo organismo in via di attuazione è la polizia europea Eurogendfor. Una polizia europea con super poteri giudiziari e militari che avrà doppio comando europeo e NATO (la sua sede sarà Vicenza, dove cioè risiede il comando USA di Camp Ederle). Questa nuova polizia sarà svincolata dal controllo del governo e del parlamento statale ed obbedirà direttamente a super comandi europei e NATO. Godrà della totale immunità giudiziaria da parte dei Paesi ospitanti.
Da queste poche tessere appare chiaro il mosaico: la UE sta rivelando la sua vera natura centralistica, poliziesca e colonialista, utilizzando la crisi monetaria in cui versa il capitalismo occidentale per ristrutturarsi su un piano politico-militare preparatorio alla guerra esterna e alla guerra interna. Gli Stati membri stanno velocemente perdendo le loro sembianze di stati democratici sovrani e stanno velocemente diventando gangli di un unico polo imperialista governato dalle banche, dall’alta finanza e dalla NATO.
In sintesi la favoletta dell’Europa dei popoli a cui hanno creduto riformisti, comunisti a parole, perfino formazioni indipendentiste e anime pie di ogni sorta, non esiste e non esisterà mai. Ciò che esiste e che è in via di rafforzamento è invece l’Europa dei potentati bancari e finanziari affamatori in una prospettiva di unificazione europea totale fondata sulla cancellazione dello stesso concetto di sovranità politica ed economica degli stati.

La lotta per l’indipendenza e per il socialismo in questo contesto.
Come possiamo, da Sardi e a maggior ragione da indipendentisti, non ricordare che, prima la CEE e poi la UE, hanno costantemente pianificato la devastazione della nostra economia e del nostro tessuto sociale? Quando nel 1988 i picciotti italiani della Regione Sarda vararono la legge 44 per il sostegno alle aziende in crisi sapevano benissimo che la legislazione europea sarebbe stata contraria. I politici italianisti della Regione sapevano, il Banco di Sardegna sapeva, la finanza italiana sapeva e quella europea ugualmente sapeva e agiva di conseguenza, tutti ben consci che si stava distruggendo la vita di trentamila Sardi in difficoltà economica, destinando le loro aziende ad essere vendute all’asta. Nessuno di loro pagò mai per questo comportamento illecito, ma tuttavia oggi quei lavoratori che da loro sono stati truffati vedono le loro aziende portate via dagli speculatori per un pugno di spiccioli.
Un caso? Una terribile svista? Crediamo proprio di no! Come ben sappiamo, nei decenni scorsi la Comunità Europea ha più volte finanziato lo smantellamento di grossi settori dell’economia sarda, ingannando le nostre genti che con qualche manciata di contributi credevano di poter uscire dalla miseria e concedersi qualche agiatezza. Hanno convinto i Sardi che prendere contributi per abbattere i bovini avrebbe avvantaggiato loro e non i grandi allevatori tedeschi, che estirpare le vigne avrebbe avvantaggiato loro e non i grandi produttori vitivinicoli francesi e italiani. Così, di contributo in contributo, di settore in settore, ci hanno stretto nella morsa delle quote. Quote che vengono stabilite – in prezzo e quantità – sulla base delle necessità dei grandi capitalisti europei e non certo in base alle esigenze dell’economia sarda. Oggi i nostri allevatori e agricoltori sono praticamente immobilizzati e stretti all’angolo dalle politiche economiche europee veicolate dallo Stato italiano e dalla Regione.
Detto questo è chiaro che la causa della liberazione dei popoli e dei lavoratori è contraria alla concentrazione europea. Affermare il contrario è fuorviante e pericoloso, perché o si sta con la causa dei popoli e dei lavoratori o si sta con gli imperialisti e i colonialisti dell’Unione Europea! Per questo motivo la sinistra indipendentista sarda pensa che una lotta di liberazione nazionale non possa che essere svolta nel solco della lotta contro il consolidamento economico, politico e militare dell’Europolo. Una lotta indipendentista coerente deve necessariamente svolgersi cioè nel solco di una opposizione frontale alle linee di ristrutturazione economica e politica dell’Europa e del tridente capitalistico (USA-UE-JP) in cui questa è inserita.
Quale posizione deve avere a nostro avviso il movimento di liberazione nazionale sardo davanti alla catastrofe che il capitalismo nella sua versione imperialista e di alta finanza sta preparando per lavoratori e popoli oppressi? Non abbiamo la sfera magica per predire il futuro, ma su almeno tre punti dobbiamo essere chiari e individuare una possibile strategia di massima su cui lavorare insieme ai movimenti rivoluzionari ed indipendentisti europei.
Il processo di liberazione nazionale e la formazione di uno Stato sardo libero e sovrano dovrà, a tempo debito, affermare almeno tre principi di politica economica internazionale:
- Dichiarare nulla ogni quota di debito assegnata alla Sardigna contratta dall’Italia e reclamare a livello internazionale la necessità di risolvere la vertenza entrate.
- Stabilire con i popoli del Mediterraneo trattative per rafforzare i rapporti di scambio e cooperazione lavorando ad una alternativa economica mediterranea alla UE basata sulla solidarietà e sullo scambio cooperativo.
- Uscire dall’eurozona abbandonando l’euro e stampare moneta sarda o mediterranea sovrana.
In una prospettiva di crisi strutturale del capitalismo finanziario internazionale e di ristrutturazione delle istituzioni europee in senso schiettamente monopolistico, centralistico e militarista, l’ambito mediterraneo può riacquistare un protagonismo inedito. Da sempre A Manca pro s’Indipendentzia sostiene che l’ambito mediterraneo può e deve essere lo scenario privilegiato dei popoli senza Stato dell’ambito sud europeo e delle nazioni del nord Africa.
Uscire dalla zona euro è fondamentale prima che per ragioni monetarie per ragioni produttive. La Sardigna sta in una relazione di dipendenza e sottosviluppo con l’Italia. Ora l’Italia sta in effetti diventando una zona a sua volta dipendente dalle forti economie esportatrici del nord Europa. Vogliamo davvero rassegnarci ad essere la periferia marginale e sottomessa di uno Stato che a sua volta è in via di forte marginalizzazione nell’ambito europeo? O vogliano ambire ad essere centro di una trasformazione economica e civile insieme agli altri popoli che si affacciano sul Mediterraneo che attualmente appunto sono in piena fibrillazione? Vogliamo subire il declino di uno Stato a capitalismo avanzato che si affaccia a decenni di crisi strutturale e che verrà sacrificato sull’altare del capitalismo monopolistico? Vogliamo pagare i forti squilibri finanziari, di carattere produttivo, di deindustrializzazione, di servitù energetica e di scandalosa concentrazione del patrimonio dopo che per anni abbiamo pagato la sua crescita?

La sinistra indipendentista sarda lavorerà per portare il movimento indipendentista verso una presa di posizione storica: la formazione di un nuovo blocco politico, economico e sociale capace di realizzare un modello di accumulazione favorevole ai lavoratori e alle nazioni che si affacciano sul Mediterraneo.
Con questa prospettiva il movimento di liberazione nazionale sardo deve guardare alle sue alleanze internazionali e alle prospettive di politica economica nei prossimi anni, dichiarando fin da subito la necessità di rompere con l’Europa delle banche, degli Stati verticisti (a partire dallo Stato coloniale italiano) e dei grandi oligopoli finanziari. In questa prospettiva occorre sancire fin da subito l’estraneità del popolo sardo ad ogni operazione militare imperialista, ed a maggior ragione per qualsiasi opzione di utilizzo del suo territorio nazionale come base operativa e logistica sullo scenario della competizione economica e geopolitica internazionale.