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martedì 7 agosto 2012

I VELENI DELLA CHIMICA DI OTTANA: Ucciso da un tumore un altro operaio dell'Enichem

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno Martedì 7 agosto 2012 alle ore 10.28 ·
 


POLITICI, SINDACATI, SARDI ...E' QUESTA LA SARDEGNA CHE VOLETE ?

«È morto anche Luigi». Poche parole, un terribile anche , pronunciate ormai troppe volte dai lavoratori (in gran parte ex tra cassa integrazione e prepensionamenti) della chimica di Ottana. Luigi Porcu è stato accompagnato l'altro giorno in cimitero a Orani.

Era un collega di Raffaele Curreli, l'operaio di Fonni, morto lo scorso 16 luglio. Si erano ritrovati nel reparto di oncologia all'ospedale Zonchello di Nuoro per i cicli di chemioterapia. Dopo la denuncia pubblica di Curreli che metteva in relazione il tumore ai polmoni che lo aveva colpito con le condizioni di lavoro all'ex Enichem, anche il paziente di Orani decise di prendere posizione, annunciando un'azione legale per il riconoscimento della malattia professionale.

In una intervista a Radio Radicale, impegnata in un'inchiesta sui «Veleni di Ottana», anche Luigi Porcu che dal 1974 al 2004 lavorò all'ex Enichem, compresi oltre vent'anni nel famigerato laboratorio, denunciò il contatto continuo con gli acidi, senza nessuna prevenzione («alla carlona»).

Riascoltare quelle parole postate e rilanciate su più siti nel web (http://www.radioradicale.it/scheda/352784), potrebbe scuotere soprattutto le coscienze istituzionali. Compreso il commosso ricordo dei cinque colleghi già morti che lavoravano nel laboratorio. Una testimonianza sofferta, frasi spezzate dalla difficoltà di respirare. Ricordo di un uomo minato dal cancro ai polmoni e al fegato che però fino all'ultimo, denunciando anche i troppi silenzi delle vittime, ha condotto negli ultimi mesi della sua vita una battaglia contro la fabbrica dei tumori .

Un muro di silenzio ancora da scalfire (non esistono statistiche ufficiali), e una battaglia appena iniziata per un vero screnning di massa e i riconoscimenti pensionistici. ( m. t.)

Da L'Unione Sarda del 7 agosto 2012

FIDUCIA AL GOVERNO MONTI ? ALCUNI DEPUTATI SARDI VOTERANNO CONTRO GLI INTERESSI DELLA SARDEGNA

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno Domenica 5 agosto 2012 alle ore 21.27 ·



Nell'Isola si è aperta la discussione sulla legge che regolerà il taglio della spesa pubblica nel prossimo quadriennio e che mette a rischio l'autonomia.
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L'appuntamento con il voto di fiducia alla Camera sulla spending review è rinviato a martedì. Nel frattempo, nell'Isola, si è aperta la discussione sul da farsi per tutelare gli interessi dell'autonomia sarda, messi a rischio da alcuni dei provvedimenti che Monti e i suoi tecnici hanno fatto inserire nella legge che regolerà il taglio della spesa pubblica nel prossimo quadriennio.

Sotto la lente d'ingrandimento sono finiti, in particolare, i passaggi a proposito della:

regolamentazione dei rapporti con la Tirrenia (la Regione non avrà più il diritto di un parere vincolante sulla stipula delle convenzioni, ma verrà esclusivamente consultata),

l'accantonamento dei fondi delle entrate che lo Stato dovrebbe versare alle casse regionali, e il taglio di quasi un miliardo nei trasferimenti alla Regione e agli enti locali.

COME SI COMPORTERANNO I DEPUTATI ELETTI IN SARDEGNA?
Parlando nei giorni scorsi alla Camera, l'ex presidente della Regione Mauro Pili ha attaccato senza mezzi termini il governo, elencando i torti ai danni della Sardegna, e preannunciando voto contrario.

Uno che si dichiara incerto è il coordinatore regionale del Pdl Settimo Nizzi , che deciderà il da farsi tra lunedì sera e martedì mattina: «Non posso che tener conto dell'indicazione del mio gruppo a votare per la fiducia - fa notare - ma non possiamo negare che, ancora una volta, questo governo si distingue per disattenzione nei confronti della Sardegna.
È da mesi che stiamo facendo notare la cosa a Monti e ai suoi ministri, mi viene da dire che forse è arrivato il momento di mettere in campo un'iniziativa forte per mostrare in maniera chiara la nostra delusione».

Incerto («ma tendente al no») è anche il suo collega Salvatore Cicu , che del Pdl è vicecapogruppo: «Per quel che riguarda i tagli nei trasferimenti potrei anche accettare, in via di principio, la richiesta di assunzione di responsabilità che arriva dall'esecutivo - dice - ma sono intransigente sul tema dell'autonomia violata. Soprattutto nel passaggio col quale il governo vuole trovare una giustificazione al ritardo nei trasferimenti della quota di entrate che spetta alla Sardegna.
Il no alla fiducia non è un tabù, ma sarebbe inutile se si trattasse di un'iniziativa fine a se stessa. Se ci saranno le condizioni per lanciare un segnale, non mi tirerò indietro».

Chi non ha nessun dubbio sul pollice verso è l'altro parlamentare del Pdl Bruno Murgia : «Voterò per fatto generale e ideologico contro questo governo. Niente è stato fatto per la questione dell'insularità e niente in tema di federalismo. Insopportabile, poi, che si parli di ricercare accordi con regioni ed enti locali solo dopo i tagli: il percorso avrebbe dovuto essere inverso».

Di parere diverso è il compagno di gruppo Carmelo Porcu -Pdl: «Voterò la fiducia solo per una questione di responsabilità nazionale, perché ho preso l'impegno di sostenere il governo. Ma è chiaro che mi lamenterò del cattivo trattamento riservato alla nostra Isola».

Paolo Vella (Pdl) dice di riconoscersi nelle parole di fuoco di Mauro Pili («voterò senz'altro no»),

mentre Giuseppe Cossiga non nasconde la delusione nei confronti dei tecnici, pur manifestando l'intenzione di votare la fiducia: «Non siamo determinati, vista l'ampia maggioranza della quale dispone Monti. Non nascondo di essere deluso dall'atteggiamento del governo ma voterò sì, seguendo le indicazioni del gruppo».

Dal Pd critiche ma conferma del sostegno a Monti:
«Ci chiedono di sostenere dei tagli altissimi, in percentuale molto più pesanti rispetto a quelli delle ragioni a statuto ordinario - dice Giulio Calvisi Pd- c'è anche l'anomalia dei debiti di Tirrenia nei confronti di Saremar, che vengono fatti sparire da un giorno all'altro. Ma non servirebbe votare contro, i colleghi del Pdl lo avrebbero dovuto fare prima, col precedente governo».

Un concetto ripreso dall'altro democratico Paolo Fadda : «C'è un brutto clima contro le regioni a statuto speciale, anche a causa di cattivi comportamenti di realtà come la Sicilia. Abbiamo il dovere di sostenere la causa della Sardegna ma non servono le iniziative demagogiche».

Federico Palomba , dell'Idv, conferma il suo voto contrario (fedele alla linea del partito e convinto dalle penalizzazioni riservate alla Sardegna),

mentre Caterina Pes (Pd) (VOTERA' SI) svela un'altra trappola contenuta nella legge: «Con un comma di due righe si tenta di cancellare lo status di lingue minoritarie da tempo conquistato dalla lingua sarda e da quella friulana - fa notare - cercherò di sventare questa possibilità attraverso un emendamento. Se fosse bocciato, proporrei un ordine del giorno».
Anthony Muroni

Da L'Unione Sarda del 5 agosto 2012

NUCLEARE MILITARE IN SARDEGNA?: un segreto italiano

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno Domenica 5 agosto 2012 alle ore 1.25 ·
 



La tentazione di costruire un proprio arsenale (nucleare) colpisce il governo italiano, che tra il 1974 e il 1976 fa eseguire tre test di un missile in grado di essere equipaggiato con una testata atomica. I lanci di prova avvengono in Sardegna, nel poligono militare di Quirra, all’estremo lembo sud-orientale della provincia di Nuoro.

Gli esperimenti sono coperti dal solito segreto di Stato. Il primo test del missile Alfa, un vettore a due stadi, si svolge il primo febbraio 1973. La ratifica da parte italiana del trattato di non proliferazione delle armi nucleari giungerà soltanto nell’aprile del 1975. Il “Programma tecnologico diretto allo sviluppo di un carburante solido ad alto potenziale per razzi per applicazioni civili e militari” – rivelano gli incartamenti top secret del ministero della Difesa – decolla nel 1971 in collaborazione tra Marina e Aeronautica.

Nessuna menzione della testata nucleare, nessun accenno alla vera natura dell’operazione. Alfa era un razzo vettore composto da due stadi, il primo lungo quasi 4 metri, il secondo pochi centimetri meno di tre metri. Le società impegnate nel progetto erano Aeritalia, Selenia e Sistel, con Bpd Spazio incaricata di produrre il carburante.

Siamo nella sesta legislatura del parlamento italiano. Presidente del consiglio dei ministri è Giulio Andreotti, responsabile della difesa è Mario Tanassi, mentre al dicastero degli esteri siede Giuseppe Medici. La ratifica da parte italiana del trattato di non proliferazione delle armi nucleari arriverà nell’aprile del 1975: fino a quel momento e oltre i nostri governi e gli apparati militari non erano sottoposti ad alcun tipo di vincolo per ciò che riguardava la costruzione e il dispiegamento di missili a testata nucleare.

L’Italia a quel tempo era sul mercato: con le centrali atomiche aperte, acquistava uranio e plutonio dagli Usa (documenti ministero degli Esteri), necessario alla realizzazione della bomba atomica. L’idea, sostiene il giornalista scientifico Giovanni Caprara “era quella di disporre di un missile simile all’americano Polaris, da poter imbarcare e lanciare da bordo di sottomarini o di unità di superficie, come l’incrociatore Giuseppe Garibaldi, già armato con lanciamissili”.

Ecco qualche documentato esempio sulle ricerche segrete. Il Rapporto 1010 (3 settembre 1973) del Camen è eloquente:
Studio sulla possibilità di impiego di plutonio in sostituzione di uranio 235 nei reattori nucleari termici”. Alla stregua del rapporto 1037 (6 maggio 1974) “Progetto di un elemento di combustibile sperimentale per esperienza di conversione Uranio-Plutonio nel reattore G. Galilei”; e del rapporto 1041 (21 agosto 1974) intitolato “Impianto di laboratorio per il ritrattamento di uranio irraggiato”. Ed ancora del rapporto 1154 (2 settembre 1977), denominato “Progetto di impianto di produzione di esafluoruro di uranio” e del rapporto 1158 (12 settembre 1977), intitolato “Immagazzinamento di rifiuti radioattivi in formazioni saline”.

Tratto da Articolo Tre del 4 agosto 2012

La Regione Sardegna pignori i beni dello stato italiano



E’ notizia di questi giorni che nel decreto di spending review, approvato con una mozione di fiducia votata anche da parlamentari sardi, lo stato italiano tratterrà per sé nei prossimi 5 anni quelle tasse che ai sensi del nuovo testo dell’articolo 8 dello Statuto Sardo sono invece di pertinenza della Sardegna. Infatti, così recita l’articolo del nostro Statuto, il gettito fiscale è composto “dai sette decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche riscosse nel territorio della regione”.
La spending review del non-eletto governo Monti di fatto entra in conflitto con l’autonomia isolana che, in caso di conferma del sopracitato “sequestro” fiscale, verrebbe ulteriormente calpestata sebbene sancita da sentenze emesse da tribunali dello stesso stato, come iRS ha fatto doverosamente notare anche in passato . Infatti il taglio previsto è di circa 400 milioni di euro e, nonostante l’assessore regionale al bilancio La Spisa dichiari cifre che contraddicono quanto dichiarato a Roma dando una stima di “solo” 160 milioni, la situazione è evidentemente di una gravità inaudita. E pensare che la stessa cifra che viene così indebitamente sottratta alla Sardegna quasi corrisponde all’importo con cui l’armatore Onorato ha comprato l’intera flotta ex-Tirrenia determinando per altro un regime di monopolio che è già sotto verifica da parte dell’Unione Europea.
Il movimento iRS – indipendèntzia Repùbrica de Sardigna, nel suo progetto di sovranità fiscale è fermamente convinto che l’istituzione di un’Agenzia Sarda delle Entrate possa eludere gli scippi che da anni i governi italiani compiono nei confronti del popolo sardo impedendo lo sviluppo dell’isola, e che questa agenzia possa, come regolamentato da Statuto, trattenere le entrate della Sardegna per reinvestirle nel territorio stesso.
iRS pertanto propone che i beni, terre ed edifici dello stato italiano presenti nell’isola vengano pignorati e riutilizzati dalla Regione come strutture pubbliche. L’economia della Sardegna non può e non deve essere legata a governi temporanei non eletti dai sardi, ma deve svolgersi attraverso un processo di sovranità fiscale che scorpori la gestione delle finanze sarde da quelle italiane, avendo come scopo unico il benessere del popolo sardo.
iRS – TzdE Fiscalità, Credito e Contabilità Pubblica.

TESTO ORIGINALE 

Il Polo della Sovranità Economica proposto da aMpI ha fatto centro



(IlMinuto) – Cagliari, 2 agosto – Ha fatto centro la proposta nata dalla sinistra indipendentista per risollevare e valorizzare l’economia nuorese attraverso la realizzazione del Polo della Sovranità Economica. “I problemi strutturali che colpiscono la nostra economia – affermava lo scorso marzo aMpI in una conferenza stampa – devono essere affrontati alla radice. [...] Per non soccombere di fronte all’invasione dei Centri commerciali italo-europei dobbiamo cominciare a costruire un’industria della filiera sarda, che sostenga un’economia indipendente e rispettosa dell’ambiente e delle sue risorse”. La ricetta è la valorizzazione dell’agroalimentare, della pastorizia, dell’artigianato e del turismo, settori che, secondo la sinistra indipendentista, se sostenuti consentirebbero di ricominciare a creare economia e lavoro nel territorio. Una proposta che oggi piace e convince anche lo scetticismo iniziale del sindaco Bianco, che in un certo senso fa suo il progetto. “Come se niente fosse e senza alcun pudore – denuncia aMpI con un comunicato – ispirandosi in maniera evidente allo stesso progetto di a Manca pro s’Indipendentzia che prima snobbava, il sindaco propone un sostegno all’agroalimentare, all’artigianato e al turismo”. “Ricordiamo – prosegue la nota stampa – che il progetto di sviluppo a suo tempo già proposto dalla nostra Organizzazione, riguarda proprio questi settori, trascurati e boicottati dagli stessi partiti italiani che la giunta comunale rappresenta, per far posto a un’economia di assistenzialismo e dipendenza dall’esterno”. Tuttavia, a guardare bene gli intenti, nonostante lo scippo progettuale denunciato dalla sinistra indipendentista, c’è una grossa differenza tra le due proposte. Il Polo della Sovranità proposto da aMpI è alternativo alla militarizzazione della città, ovvero alla costruzione della caserma di Pratosardo, mentre la proposta del primo cittadino è un’inizitativa complementare alla caserma, che non viene assolutamente messa in discussione. Le differenze dunque non sono poche.
S.P.

DISASTRO AMBIENTALE DI QUIRRA: La Regione sarda "con strategia" è riuscita a farsi respingere la richiesta di parte civile

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno Martedì 31 luglio 2012 alle ore 18.42 ·
 



Colpo di scena al processo per i cosiddetti veleni di Quirra, che vede indagate 20 persone nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Lanusei per disastro ambientale nell'area del Poligono sperimentale interforze.

Questa mattina, davanti al Gup di Lanusei, Nicola Clivio, si è presentato l'avvocato Serra in rappresentanza della Regione sarda, che ha chiesto di costituirsi parte civile.

Il giudice, dopo aver visionato gli atti, ha respinto la richiesta perchè ritenuta tardiva. Già nella scorsa udienza il Gup aveva respinto l'istanza presentata da diverse associazioni di categoria, «non ritenendole direttamente coinvolte nei fatti oggetto di giudizio». Sempre stamani sono stati decisi i nomi dei responsabili civili, cioè coloro che, in caso di condanna, dovranno risarcire le parti civili.

Il processo riprenderà il 31 ottobre e all'inizio si discuteranno ancora alcune eccezioni procedurali, come la competenza territoriale. Il Gup del Tribunale ogliastrino dovrà decidere sui 20 rinvii a giudizio chiesti dal pm Domenico Fiordalisi al termine delle indagini per disastro ambientale nell'area del Poligono sperimentale interforze del Salto di Quirra.

Da Ansa del 31 luglio 2012

I quattro mori alle Olimpiadi di Londra! Perché i tifosi sardi preferiscono la loro bandiera al tricolore. E qualcosa vorrà pur dire…

Pubblicato il 30 luglio 2012


Li avete visti anche voi? Io credo di sì. Erano lì in forze quando l’Italia ha vinto la medaglia d’oro nel tiro con l’arco. Erano presenti anche nella straordinaria serata delle tre fiorettiste italiane ai primi tre posti. Poi li ho visti pure nella vittoria delle nostre pallavoliste contro il Giappone. Voi li avete visti i quattro mori alle Olimpiadi? Io sì.
Secondo voi, perché i sardi che vanno ad assistere alle gare londinesi si portano dietro la bandiera della loro regione e non quella nazionale? Perché se c’è una competizione in cui la bandiera è tutto, è proprio quella a cinque cerchi. Pongo la questione in maniera semplice e senza avere una risposta da offrirvi. Poi mi chiedo: “Ma io, che bandiera avrei portato?”. Risposta: “I quattro mori”. Perché? Non lo so. Per distinguermi? Per segnare una differenza? Certamente. Ma perché? Non lo so.
Una cosa è certa: nessun altro gruppo di tifosi italiani si sogna di portare la propria bandiera regionale (sempre che tutti ne abbiano una, io una bandiera del Molise o della Basilicata non l’ho mai vista) ad una manifestazione sportiva internazionale in cui la Sardegna non è rappresentata ma l’Italia sì. Moltissimi sardi invece lo fanno, e nessuno di noi percepisce questa esibizione come forzata o senza senso. Almeno, non io.
Poi, un’altra cosa: avete notato altre bandiere “strane” ai bordi dei campi in cui si disputano le gare olimpiche? Cioè noi sardi siamo gli unici al mondo a portare la mostra bandiera regionale al posto di quella nazionale? Una cosa è certa: la nostra non è tra le bandiere ufficiali, eppure è sempre lì. Tifiamo l’Italia, ma con i quattro mori. Siamo gente normale?
Ora, non voglio addentrarmi in territori a me sconosciuti, io non so perché noi sardi andiamo alle Olimpiadi e ci portiamo la nostra bandiera appresso e la sventoliamo anche quando non ci sono nostro corregionali in campo. Capisco che non ha senso ma sento anche che è una scelta normale. Sento anche che questa enorme carica simbolica qualcosa vorrà pur dire, che non è folklore e non è neanche, in senso stretto, politica. Rappresenta invece un fortissimo senso di identità, un valore che dovremmo indagare meglio. E usarlo positivamente per uscire da questa crisi che non è solo economica, ma soprattutto di senso e di valori non più condivisi.

Vito Biolchini