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lunedì 16 aprile 2012

MOLINO BRUNDU ...io vendo la pasta in Polonia e Brasile




La pasta sarda guarda a Est. E anche in Brasile e negli Usa.
L’imprenditore Tonino Brundu titolare dell’omonimo pastificio sulla strada 131 (all’altezza di Torralba) nel suo girovagare alla ricerca di nuovi mercati ha scoperto la Polonia e la Repubblica Ceca. «E’ un paese in cui ho trovato una situazione interessante — dice Brundu — i polacchi apprezzano la buona pasta italiana e stanno scoprendo i prodotti dell’artigianato alimentare della Sardegna. Certo, le difficoltà che ho dovuto affrontare non sono poche. Intanto perchè qualunque mia iniziativa è soltanto mia e non gode di aiuti o promozioni pubbliche. E, poi, purtroppo neanche gli altri imprenditori sardi sono disposti a fare aggregazione per aggredire nuovi mercati».
L’ideale, secondo Brundu, sarebbe poter organizzare una unione tra produttori per presentarsi sui mercati esteri con compattezza, possibilmente, col supporto della Regione sarda.
 «E invece— dice— qualunque sforzo lo devo moltiplicare per mille. Noi sardi, forse, abbiamo un Dna nel quale sta scritto che non dobbiamo unirci per fare sistema».

«Ed è un peccato— dice— poichè qui in Sardegna produciamo le cose più buone del mondo ma, purtroppo, non sappiamo venderle o come si dice oggi, non sappiamo fare marketing. Perchè siamo meno intelligenti di altri? No di sicuro, semplicemente non sappiamo metterci insieme fare sinergie che tornino utili a tutto il sistema sardo».

Capita così che Brundu quando va a proporre la sua pasta poi offra anche la degustazione e l’acquisto di altri prodotti, dal vino al pane carasau all’olio.
«Ho sperimentato — dice— che così la mia proposta è più convincente. No, guardi, non chiedo più l’intervento di altri imprenditori, mi sono stancato: chi fa da sè fa per tre».

Certo, Brundu non si scoraggia. Il mercato regionale e quello nazionale vanno a rilento? E lui cerca nuovi spazi oltreconfine e oltreoceano.
«E poi — continua l’industriale — operare qui da noi sta diventando sempre più difficile. Male il mercato e malissimo il credito. Ma se un imprenditore non produce e non incassa, di che cosa dovrebbe campare? Delle chiacchiere che si sentono in giro o in tv. Sa che cosa mi convince della Polonia? Che io vendo e dopo trenta giorni posso incassare. Se ci fosse un ritardo nei pagamenti non si va mai oltre una settimana, altrimenti l’azienda insolvente viene costretta a chiudere all’istante».

«Qui da noi — sottolinea Brundu — le cose come sapete vanno diversamente. Supponiamo che io venda dei prodotti, l’acquirente che non ha contanti firma una cambiale. Ma alla scadenza la cambiale non viene pagata. Spetterebbe al segretario comunale “protestarla” e invece non lo fa. Morale della storia: quella cambiale diventa carta straccia e a me chi mi paga?»

Il programma dei Brundu, fin dall’inizio di questa avventura, era chiaro.
«Abbiamo deciso di puntare sulla qualità – dice Tonino Brundu – e dobbiamo scegliere la materia prima migliore se vogliamo paste eccellenti. Il resto lo fa la lavorazione e l’ambiente incontaminato in cui sorge il pastificio. E ovviamente l’organizzazione della vendita».
 Pasquale Porcu 

Da La Nuova Sardegna del 16 aprile 2012

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