«Sa limba sarda cada siat de sas variantes suas e sas àteras
limbas de minòria faeddadas in Sardigna, non sunt galu mortas, su nessi
in su mundu virtuale de su Libru de sas caras».
Mario
Antìogu Sanna, 40 anni, operatore linguistico di Sindia, non esita un
secondo a tradurre in sardo Facebook. Su Libru de sas caras, il libro
delle facce, proprio come il corrispettivo letterale inglese usato dal
giovane studente americano Mark Zuckerberg.
Fondatore di
un social network che ammazza le lingue minoritarie già sull'orlo del
baratro, è l'accusa che gli muovono da tempo alcuni esperti di
linguistica storica.
La community. «Macché... – contesta
subito Mariantonietta Piga – comunicare in sardo in una comunità
virtuale come quella di Facebook non solo aiuta a superare i soliti
pregiudizi e le iniziali diffidenze, ma risulta essere sempre più
naturale ed efficace».
Eppure anche lei, nuorese classe
1968, dal 2006 direttrice dell’Uls, s’Ufitziu de sa limba sarda della
Provincia di Nuoro, era alquanto scettica fino all’anno scorso. Poi,
l'11 marzo 2011, ha aperto la pagina intitolata allo sportello ed è
stato un boom di contatti.
La scrittura. «Pochissimi
scrivono in italiano, quasi tutti lo fanno in sardo – racconta –,
ognuno scrive nella sua variante, a norma o a modo suo, e anche le
discussioni e le chat vanno in sardo. Superando le remore della
scrittura, si impara persino gli uni dagli altri, ci scambiamo le idee,
i dubbi, i chiarimenti».
Del resto la missione dell’Uls è questa: «Fàghere a manera chi si che torret a faeddare e iscrìere in sardu». Fare in modo che si ritorni a parlare e a scrivere in sardo. E non è certo un caso se anche il sito internet dell’Ufitziu limbasarda.nuoro.it, interamente in sardo, ha registrato 15mila contatti nei primi tre mesi di attività.
La
grammatica. «È chiaro che con un miliardo di utenti nel mondo,
Facebook è una forza immensa – riprende Mario Antìogu Sanna –, di
persone come di pensieri, di attività... ma anche di cazzate».
I
pericoli, insomma, sono sempre in agguato. Eppure il rilancio della
limba può passare proprio attraverso Facebook piuttosto che Twitter.
Sempre che i puristi non abbiano nulla da ridire, dato che su internet
la grammatica è sempre esposta ai venti del momento.
I
pericoli. Un rischio che sottolinea e smonta allo stesso tempo Tore
Sfodello: «Il dibattito “democratico” può creare confusione, è vero, ma
non c’è dubbio che Facebook possa essere uno strumento divulgativo per
salvare sa limba». Nato a Padru, 62 anni, da oltre quattro decenni
residente a Sassari, già componente dell’Osservatorio regionale sulla
lingua e la cultura della Sardegna, Sfodello a dire il vero non ci va
matto per la rete del web.
La promozione. Questione di
generazione, forse, ma da buon insegnante qual è stato, da sempre in
prima linea sul fronte della limba (ha raccolto le firme per quella che
oggi è la legge regionale 26 del 1997 “Promozione e valorizzazione
della cultura e della lingua della Sardegna”) riconosce che «Facebook è
utilissimo, è uno degli strumenti più efficaci, ha una valenza
straordinaria».
«Facebook è uno strumento mediatico in più
per far veicolare il sardo», aggiunge Diego Corraine, nuorese, 63
anni, professore di letteratura italiana pioniere infaticabile della
tutela della lingua sarda.
Fondatore e direttore della
casa editrice Papiros, primo direttore dell’Ufitziu de sa limba sarda
della Provincia di Nuoro, ora alla guida dello sportello Uls
dell’Ogliastra. Ha tradotto in sardo decine di libri, soprattutto per
ragazzi.
La koinè. «Non soltanto... – si associa Maria Vittoria
Migaleddu Ajkabache –, l’utilizzo di queste nuove strumentazioni, per
una lingua minoritaria come il sardo, è estremamente importante: primo
perché consente di creare una community di persone che pur essendo
lontane tra loro utilizzano una koinè, fatta da sardi che parlano
ognuno con la propria variante; secondo perché strumenti come Facebook
consentono il passaggio dall'oralità allo scritto e dunque mettono in
risalto l'esigenza di avere una norma ortografica».
Sassarese
di nascita, classe 1948, romana d'adozione, Migaleddu porta anche il
cognome turco del marito, nato in Siria ma cresciuto in Libano.
Due
lauree, una in Lettere moderne, l'altra in Pedagogia con tesi sul
bilinguismo, un master in Glottodidattica, Migaleddu Ajkabache è da una
vita che lavora nel campo della formazione e della scuola.
L’apprendimento.
Per tre anni ha insegnato italiano al Cairo, in Egitto. Tornata in
Italia, la Farnesina l’ha assegnata al settore cooperazione allo
sviluppo, più tardi alla direzione generale alla cooperazione
culturale. Convinta sostenitrice dei social network (ma anche dei
blog), assicura che «mettere i testi scritti in rete permette a
ciascuno di costruire il proprio percorso di conoscenza. Scrivere su
Facebook è un modo naturale di imparare a farlo, lineare, così come
funziona il nostro cervello, istintivo... ».
I pregiudizi.
«Superate le prime remore – conferma Mariantonietta Piga –, Facebook
ti permette di tirar fuori quello che hai ma non sai di avere. Il
dibattito è sempre aperto, il clima frizzante e persino molto
intelligente. In una comunità virtuale si supera anche la diffidenza»
chiude.
«Anche se magari quello su Facebook è un sardo
parlato male, pieno di errori» aggiunge il padre, Giovanni Piga. Poeta e
narratore nugoresu, nato nel 1940, autore di una indimenticabile
raccolta di liriche, “Frunzas” (2003), oramai pronto a dare alle stampe
una nuova raccolta e un romanzo. Lui, il gioiellino di Zuckerberg lo
usa «pro su pacu chi mi servit», ma riconosce che «è sicuramente un
mezzo che attira i giovani, perciò può fare soltanto del bene a sa
limba nostra».
La piattaforma. Con un potenziale che
supera radio e televisioni messe insieme. Lo sostiene Francesco Merche,
nugoresu de ratza de Oroteddi, nato a Oniferi nel 1944, precursore
delle tv private, il primo in Sardegna ad aver mandato in onda un
telegiornale in sardo, alla fine degli anni Ottanta.
Merche era allora direttore di Telesardegna. Ora conduce una trasmissione radiofonica, Oje in Sardigna, 55 interviste già trasmesse delle 88 previste, su Radio Nuoro Centrale.
«La
comunicazione in sardo su Facebook ha un’aria di modernità che fa
superare ogni scoglio, che zittisce anche sor malignos che dicono che il
sardo vero ormai non lo sa parlare più nessuno». «Certo – attacca
Diego Corraine –, se anche la piattaforma Facebook, ora in 80 lingue,
fosse in sardo non sarebbe mica male... ».
La
consapevolezza. «A dire il vero, Facebook mi sembra un mezzo fin troppo
facile» avverte Loredana Rosenkranz, docente di Filosofia, in pensione
da un anno e mezzo. Sessanta due anni, sassarese con chiara ascendenza
austriaca, madre di Sassari, nonni campidanesi, è molto critica nei
confronti di Facebook tanto da tenersene alla larga. «Non è affatto
“democratico” – sostiene –, è uno strumento a “sovranità limitata”,
inconsapevole per molte persone che ci giocano dentro... preferisco
giri più ristretti, la mail list va benissimo». Questione di principi.
Eppure
lei stessa, Rosenkranz, spesso coinvolta nella progettazione scaturita
dopo la legge regionale 26 del ’97, è la prima a riconoscere che
Facebook può essere un mezzo per “salvare” la limba. «L’importante è
esserne consapevoli» sottolinea. E subito precisa: «Anche se per
scrivere in sardo ci sono tante altre opportunità, per esempio i blog...
».
Twitter. Blog e siti interamente in sardo, del resto,
ce ne sono parecchi e da parecchio tempo. Ma Facebook è altra cosa.
Come altra cosa è Twitter, immediatissimo ma con spazi molto ristretti.
A proposito: come si può tradurre Twitter in sardo? Semplice:
«Ciu-Ciu, come cinguettio», dice Mario Antìogu Sanna dopo una veloce
consultazione dei bocabolarios e mentre da Bosa si prepara a mandare in
onda Diariu sardu, su Radio Planargia.
Luciano Piras
Da La Nuova Sardegna del 30 aprile 2012
SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE - FACEBOOK
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