La fame e il pericolo sono sempre là: noi votiamo e le banche, assolte e nascoste dai giornali, vendono la terra
Dopo i referendum, si riparlerà di cose concrete, cioè di tutte
quelle gravi situazioni da cui la gente, i partiti e le istituzioni
stanno scappando perché non sanno cosa fare.
Io continuo a fare il mio dovere, costruendo con altri un gruppo con una
testa diversa da quella dominante, un gruppo che abbia in testa
l’assunzione piena della responsabilità del governo dei processi, che
sappia dove mettere le mani, che lavori e costruisca soluzioni più che
manifestazioni. Ci sarà una proposta alle prossime regionali che unirà
sovranità, sviluppo, libertà, competenza e responsabilità. E ci sarà con
o contro i partiti, poco importa. Oggi essere indipendentisti significa
sapere cosa fare e assumersi la responsabilità di farlo. Se dovrò
guidare, guiderò; se invece, come mi auguro, dovrò aiutare, aiuterò. Chi
vuole partecipare, si faccia sentire. L’11 sarò a Baunei e il 12 a
Terralba.
Mi preme però far notare una cosa: mentre la Sardegna si occupava di
referendum, una banca molto importante pare abbia venduto i suoi crediti
ad un’altra banca o finanziaria specializzata nel settore. Dentro
questi crediti ci sarebbero anche quelli dell’agricoltura. Che sta
succedendo? Succede questo: il pastore ha un debito di 100; la banca che
acquista questo credito lo paga 20; poi va dal pastore e gli comunica
che se vuole estinguere quel debito (di 100) può o pagare (ma se non è
ancora risucito a pagare, vuol dire che non ci riuscirà certamente
adesso) o concedere un po’ di terra per un impianto fotovoltaico, dal
quale non incassa nulla ma che è in grado di produrre un gettito capace
di coprire il rateo per estinguere il suo debito. Come nei film western
americani, le banche strozzano l’agricoltore e poi magicamente compare
il responsabile della compagnia ferroviaria che fa l’offerta che non si
può rifiutare, la quale nella fattispecie ruba sole e terra: i pastori
continuano a vendere il latte di vacca a 0,35 e quello di pecora, quando
va bene, a 0,70, e nonostante vi siano modi importanti e pratici per
aiutarli (ne parlerò nei prossimi giorni) e sono abbandonati al rapporto
capestro con le banche che si avvantaggiano delle loro limitate
conoscenze in campo bancario e finanziario. Rispetto a queste cose,
serve un nuovo ceto politico organizzato, non generiche proteste o
mobilitazioni impiegatizie.
Faccio un altro esempio: un importante piccola impresa del mio
territorio ha acquisito una commessa rilevante per realizzare grandi
impianti in giro per il mondo. Le servono saldatori specializzati. Non
li trova. La politica delle rivendicazioni generiche ha prodotto operai
generici: il mondo dell’impresa certifica la poca utilità del poco
sapere diffuso tra i sardi. Chi non sa, subisce e molti sardi sanno
troppo poco. Il sapere, per noi più che per gli altri, è denaro. E il
sapere è fatica non protesta.
L’indipendentismo è oggi questo: sapere, saper fare, saper costruire.
Esattamente il contrario della politica che evita i problemi.
A Macomer stiamo costruendo una cooperativa di consumo originalissima,
che unisce consumatori, produttori e distributori in un vincolo solidale
molto forte, senza un euro di finanza pubblica. Macomer comincia a
capire che i sardi, nelle difficoltà, si uniscono, non si scannano.
Riflettevo ieri sera su alcuni fatti: mentre noi si pensava ai
referendum, il Governo italiano ha concluso una sofisticata operazione
con cui si è impossessato delle risorse di regioni e comuni, nonché dei
loro conti correnti, e ha chiuso i rubinetti delle erogazioni;
contestualmente il Governo italiano ha annunciato tagli anche sulla
scuola, il settore su cui in Sardegna occorrerebbe investire di più;
contestualmente il governo italiano aumentato le tasse; le banche
continuano a raccogliere denaro in Sardegna - quel poco rimasto - e a
prestarlo magari a Ligresti; la burocrazia regionale - vera responsabile
dell’inefficacia di qualsiasi politica - continua ad essere terribile,
anonima e irresponsabile di fronte ai suoi doveri; ; E.On continua a
passare pericolosamente vicino alla Bocche con le sue petroliere e a
non fare il quinto gruppo a carbone; Terna continua a tutelare il
cartello elettrico di Enel, Saras e E.On che noi paghiamo duramente;
Onorato continua a tenere la Sardegna in ostaggio attraverso la
Tirrenia, sovvenzionata dallo Stato italiano per tenere in ostaggio la
Sardegna.
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