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giovedì 26 luglio 2012

GALSI: GLI ALGERINI VOGLIONO VENDERE IL GAS AD UN PREZZO FISSO, NON REGALANO NIENTE!

pubblicata da SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE il giorno venerdì 13 luglio 2012 alle ore 11.47 ·
 



Nell’ovattato linguaggio della diplomazia energetica è una condanna senza appello, sia per il tono che per le ragioni scelte. Sonatrach, la società dello stato algerino che detiene il 41,6 per cento del Galsi, il gasdotto che dovrebbe collegare l’Africa con l’Italia passando per la Sardegna, ha deciso di rinviare a novembre ogni decisione sull’opportunità di abbandonare o sviluppare il progetto. Abdelhamid Zerguine, presidente e direttore generale di Sonatrach, ha «rivelato per la prima volta» (parole citate dall’agenzia di Stato algerina) che «la decisione di avviare l’intervento è stata ritardata in ragione delle formule di prezzo che i soci volevano imporre a Sonatrach.

Non faremo alcun progresso sino a che la decisione sui prezzi non sarà assunta». Uno stop preoccupante. Sonatrach, peso massimo (11°) nel mercato mondiale degli idrocarburi, con un giro d’affari di 77 miliardi di dollari nel 2011, con il nuovo presidente da dicembre sta, lentamente ma decisamente, modificando le sue strategie. Una riprova si ha con i progetti nei prossimi anni per due rigassificatori con una capacità di 12 miliardi di metri cubi l’anno, un terzo superiore alla capacità dello stesso Galsi.

Il gas trasportato via mare, rispetto alle condotte fisse, ha il vantaggio di poter essere immesso su un mercato senza barriere e con prezzi variabili. I retroscena. La scelta di Sonatrach fa emergere un contrasto allo stato attuale non risolvibile.

Gli algerini vogliono vendere il gas ad un prezzo fisso, con contratti, con la formula protetta del take or pay, anche decennali. I soci commerciali e industriali di Sonatrach in Galsi (Enel, Edison ed Hera) viste le oscillazioni e il ribasso progressivo del prezzo del gas vogliono invece un prezzo libero, ancorato ad alcuni parametri, come il prezzo del petrolio, il costo del kilowatora prodotto dalle centrali a ciclo combinato, il prezzo medio del gas trasportato via nave. Gli algerini, per i quali il gas rappresenta l’unica consistente fonte di reddito sui mercati mondiali, sono però avversari tenaci e ribadiscono che il sistema dei prezzi fissi a lungo termine è per loro l’unica garanzia.

Ma perché novembre è il mese delle decisioni definitive? Una lettura ottimista lega quel periodo al possibile arrivo dell’autorizzazione finale sui lavori; solo dopo quel passaggio si potrà ufficialmente avviare il progetto. Ma c’è una diversa versione che lega novembre ad altre scelte. La Russia. A irrompere sulla scena, con la sua dirompente capacità persuasiva, è stato il presidente russo Putin. Lo scorso marzo Putin è atterrato ad Algeri per chiudere un accordo miliardario di compravendita di armi all’esercito algerino: 7 miliardi di dollari, pagati però non direttamente ma con un accordo energetico che vede Mosca nel settore gas algerino e collaboratrice con la stessa Algeria per operare al meglio nel mercato europeo.
 Secondo indiscrezioni tra gli accordi ci sarebbe stata anche la cessione di una quota di Sonatrach in Galsi, ma solo per fermare il progetto.
E sempre a novembre, ha annunciato Putin lo scorso giugno, partiranno i lavori per la realizzazione del South Stream, il gasdotto che dalla Russia passando per il mar Nero arriverà nei Balcani e poi toccherà Trieste.

Questo gasdotto vede la attiva, radicata e decisiva partecipazione di Eni. L’Eni. Il cane a sei zampe in questi anni ha percorso una propria politica energetica di diversificazione delle fonti e di presenza sui principali bacini estrattivi e commerciali. Una politica molto oculata, da sempre parallela alla diplomazia ufficiale, che non ha mai considerato il Galsi come strategico, sia per le dimensioni del progetto che per lo spirito con cui il Galsi è nato. Ma tutto ciò non significa che Eni non abbia ottimi rapporti con gli algerini, che riforniscono il nostro paese con il gasdotto che dalla Tunisia arriva alla Sicilia. Il punto è che il Galsi (primo metanodotto non controllato dall’Eni che potrebbe approdare nel nostro territorio), sia per le ridotte capacità che per gli squilibrati rapporti di forza nella compagine azionaria non ha mai trovato favorevole l’Eni, decisa nel procedere con il South Stream, strategico più del Galsi.

La Regione. In questo scontro di pesi massimi, la Regione recita il ruolo della formica. E aspetta che altri prendano le decisioni finali. Il suo peso in Galsi è limitato, solo il 10 per cento con la Sfirs, ma soprattutto è ridotta la sua capacità politica per spostare gli equilibri tra gli interlocutori. Così si spiegano le parole prudenti e accorte del presidente della Sfirs Antonio Tilocca: «Tecnicamente la scelta degli algerini, partner capacissimi e scrupolosi, è corretta: solo dopo novembre si potrà prendere la decisione definitiva sul Galsi. Certo le dinamiche sui criteri per la scelta dei prezzi fanno parte delle relazioni tra le parti, ma ritengo che se i nostri principali partner avessero voluto lasciare il tavolo lo avrebbero già fatto. Sono ancora seduti e stanno trattando. Già questo è un buon segno». Sarà.
(Giuseppe Centore)

Da La Nuova Sardegna del 13 luglio 2012

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