La Sardegna operaia: da comparsa a protagonista
E’ di questi giorni la notizia dell’arrivo di un gruppo di operai tedeschi nella centrale termoelettrica E-ON di Fiume Santo. Il fatto ha suscitato negli animi dei lavoratori locali sconcerto e ira, sebbene non sia la prima volta che avviene una cosa del genere. Potrebbe essere legittimo porsi il problema se vivessimo in una società chiusa nei propri confini, dunque non globalizzata. Ma la realtà in cui viviamo ci dice tutt’altro.Se vogliamo essere del tutto onesti con noi stessi, non possiamo non ricordare le migliaia di operai sardi specializzati che hanno, loro malgrado, abbandonato l’isola in cerca di lavoro nell’industria oltre Tirreno. Non possiamo dimenticarci neanche di coloro che negli anni ‘50 e ‘60 dall’Italia s’insediarono nelle coste sarde per costruire, in seguito al “piano di rinascita”, quelle industrie che oggi sono al collasso e che difficilmente rivedranno tornare a pieno regime la produzione. La città di Porto Torres, ad esempio, ha visto raddoppiare la sua popolazione in soli vent’anni, passando dagli 11.000 del 1960 ai 21.000 del 1980, cosi come è accaduto a quella di Sarroch negli stessi anni. Boom di nascite? No, immigrazioni.
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