Pagine

domenica 6 maggio 2012

PRODOTTI SARDI: OBBLIGARE I RISTORATORI A RENDERE CHIARA LA PROVENIENZA DEL PESCATO

A tavola il 70% di pesce non sardo

Allarme di Coldiretti: Sardegna dipendente dalle importazioni, verificare la provenienza Spigole, orate, cozze, arselle: solo il 30% è prodotto locale. Più di due pesci su tre arrivano dall'estero. E il rischio, denuncia ImpresaPesca Coldiretti, è che si spacci per locale un prodotto che di sardo non ha nulla. E c'è di più. Se nei primi quattro mesi dell'anno, si fosse consumato solo pesce nostrano, oggi le scorte sarebbero già esaurite. L'associazione, guidata in Sardegna da Mauro Manca, ha lanciato l'allarme dopo la pubblicazione del rapporto della New economics foundation (Nef) e da Ocean2012, secondo cui l'Italia inizia a essere dipendente dalle importazioni per coprire il proprio fabbisogno.

IL RAPPORTO Stando al rapporto “Fish Dependence: the increasing reliance of the Eu on fish from elsewhere” , la Penisola è autosufficiente per appena il 30% del pesce che consuma, a fronte del 51% della media dei 27 Paesi europei. «La stessa percentuale vale per la Sardegna», lamenta Manca. «Ma il ritardo potrebbe ulteriormente aumentare per effetto della crisi che ha determinato un riduzione dei prezzi di vendita e un aumento dei costi di produzione, che per circa la metà sono rappresentati dal gasolio».

LA TRACCIABILITÀ Il consiglio di ImpresaPesca Coldiretti è di verificare sul bancone la presenza obbligatoria dell'etichetta, che per legge deve prevedere la zona di pesca, e scegliere la “zona Fao 37” se si vuole acquistare il prodotto pescato nel Mediterraneo. Ma non basta. «La tracciabilità del pescato deve essere estesa anche al ristoratore», commenta Mauro Manca, «visto che in Sardegna il 75% dei consumi di pesce avviene fuori dalle mure domestiche.
In altre parole, bisognerebbe obbligare i ristoratori a rendere chiara la provenienza del piatto offerto ai propri clienti».

I NUMERI In Italia il settore della pesca - secondo dati di ImpresaPesca Coldiretti - vede impegnate 13.300 imbarcazioni, mentre la top-ten delle produzioni è guidata dalle acciughe, seguite da vongole, sardine, naselli, gamberi bianchi, seppie, pannocchie, triglie, pesce spada e sugarelli.
In Sardegna sono invece 1400 le imbarcazioni, a fronte di 10 mila lavoratori impegnati, compreso l'indotto.

LA CRISI Un patrimonio economico, sociale e ambientale che è oggi a rischio con il solo aumento del prezzo del gasolio, rincarato del 25% negli ultimi dodici mesi: il salasso sta costando alle imprese di pesca duemila euro in più all'anno. Contemporaneamente, si fa sempre più grave la stretta creditizia delle banche, mentre - denuncia Coldiretti ImpresaPesca - la forbice tra prezzo all'origine e prezzo al consumo continua ad allargarsi (in media, su ogni euro del prezzo al consumo, agli operatori di settore sono destinati solo 25 centesimi).

Da L'Unione Sarda del 3 maggio 2012

SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE - FACEBOOK

Nessun commento:

Posta un commento