A tavola il 70% di pesce non sardo
Allarme
di Coldiretti: Sardegna dipendente dalle importazioni, verificare la
provenienza Spigole, orate, cozze, arselle: solo il 30% è prodotto
locale. Più di due pesci su tre arrivano dall'estero. E il rischio,
denuncia ImpresaPesca Coldiretti, è che si spacci per locale un
prodotto che di sardo non ha nulla. E c'è di più. Se nei primi quattro
mesi dell'anno, si fosse consumato solo pesce nostrano, oggi le scorte
sarebbero già esaurite. L'associazione, guidata in Sardegna da Mauro
Manca, ha lanciato l'allarme dopo la pubblicazione del rapporto della
New economics foundation (Nef) e da Ocean2012, secondo cui l'Italia
inizia a essere dipendente dalle importazioni per coprire il proprio
fabbisogno.
IL RAPPORTO Stando al
rapporto “Fish Dependence: the increasing reliance of the Eu on fish
from elsewhere” , la Penisola è autosufficiente per appena il 30% del
pesce che consuma, a fronte del 51% della media dei 27 Paesi europei.
«La stessa percentuale vale per la Sardegna», lamenta Manca. «Ma il
ritardo potrebbe ulteriormente aumentare per effetto della crisi che ha
determinato un riduzione dei prezzi di vendita e un aumento dei costi
di produzione, che per circa la metà sono rappresentati dal gasolio».
LA TRACCIABILITÀ Il
consiglio di ImpresaPesca Coldiretti è di verificare sul bancone la
presenza obbligatoria dell'etichetta, che per legge deve prevedere la
zona di pesca, e scegliere la “zona Fao 37” se si vuole
acquistare il prodotto pescato nel Mediterraneo. Ma non basta. «La
tracciabilità del pescato deve essere estesa anche al ristoratore», commenta Mauro Manca, «visto che in Sardegna il 75% dei consumi di pesce avviene fuori dalle mure domestiche.
In altre parole, bisognerebbe obbligare i ristoratori a rendere chiara la provenienza del piatto offerto ai propri clienti».
I NUMERI In
Italia il settore della pesca - secondo dati di ImpresaPesca
Coldiretti - vede impegnate 13.300 imbarcazioni, mentre la top-ten
delle produzioni è guidata dalle acciughe, seguite da vongole, sardine,
naselli, gamberi bianchi, seppie, pannocchie, triglie, pesce spada e
sugarelli.
In Sardegna sono invece 1400 le imbarcazioni, a fronte di 10 mila lavoratori impegnati, compreso l'indotto.
LA CRISI
Un patrimonio economico, sociale e ambientale che è oggi a rischio con
il solo aumento del prezzo del gasolio, rincarato del 25% negli ultimi
dodici mesi: il salasso sta costando alle imprese di pesca duemila
euro in più all'anno. Contemporaneamente, si fa sempre più grave la
stretta creditizia delle banche, mentre - denuncia Coldiretti
ImpresaPesca - la forbice tra prezzo all'origine e prezzo al consumo
continua ad allargarsi (in media, su ogni euro del prezzo al consumo,
agli operatori di settore sono destinati solo 25 centesimi).
Da L'Unione Sarda del 3 maggio 2012
SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE - FACEBOOK
Nessun commento:
Posta un commento