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sabato 5 maggio 2012

I referendum del 6 maggio secondo Michela Murgia: ‘A che serve essere vivi se bisogna morire?’

Sono stupefatto.
Leggevo le argomentazioni della nota scrittrice Sarda Michela Murgia sui referendum del prossimo 6 maggio in Sardegna. Non mi soffermerò a commentarli tutti, ma vediamo quale curiosa “filosofia politica” ne è venuta fuori.
Sui quesiti che chiedono l’abolizione delle province afferma:
“…le province sono un costo. Ma questo costo verrebbe meno se le aboliamo? Le decine di dipendenti pubblici a tempo indeterminato che ci hanno lavorato fino a oggi possono essere messi sulla strada da un giorno all’altro perché sparisce l’ente che li aveva assunti? Naturalmente no, infatti saranno obbligatoriamente assorbiti negli organici dei comuni e della regione, restando in carico alla spesa pubblica. L’unico costo che verrà meno sarà quello risibile dei gettoni di presenza, la cui somma complessiva annuale non arriva nemmeno vicino alla spesa sostenuta per fare questi referendum.”
Ovvio che gli attuali dipendenti pubblici non verrebbero messi alla porta da un giorno all’altro, ma per quale motivo ad ogni legislatura provinciale dobbiamo assistere al solito balletto clientelare dei partiti che amministrano queste istituzioni? Forse le stesse elezioni provinciali non sono un costo? Forse il parassitismo politico che amministra enti e consulenze varie non sono un costo?
Forse non sarebbe ora di regolarizzare anche questo settore della Pubblica Amministrazione?
O forse la Murgia è così vicina al movimento ProgReS che esprime (solo) 2 eletti a livello provinciale e ritiene opportuno tutelarli? Non sarebbe meglio occuparsi di amministrare direttamente le piccole comunità?
La Murgia prosegue:

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