Sono stupefatto.
Leggevo le argomentazioni
della nota scrittrice Sarda Michela Murgia sui referendum del prossimo 6
maggio in Sardegna. Non mi soffermerò a commentarli tutti, ma vediamo
quale curiosa “filosofia politica” ne è venuta fuori.
Sui quesiti che chiedono l’abolizione delle province afferma:
“…le province sono un costo. Ma questo costo verrebbe meno se le
aboliamo? Le decine di dipendenti pubblici a tempo indeterminato che ci
hanno lavorato fino a oggi possono essere messi sulla strada da un
giorno all’altro perché sparisce l’ente che li aveva assunti?
Naturalmente no, infatti saranno obbligatoriamente assorbiti negli
organici dei comuni e della regione, restando in carico alla spesa
pubblica. L’unico costo che verrà meno sarà quello risibile dei gettoni
di presenza, la cui somma complessiva annuale non arriva nemmeno vicino
alla spesa sostenuta per fare questi referendum.”
Ovvio che gli attuali dipendenti pubblici non verrebbero messi alla
porta da un giorno all’altro, ma per quale motivo ad ogni legislatura
provinciale dobbiamo assistere al solito balletto clientelare dei
partiti che amministrano queste istituzioni? Forse le stesse elezioni
provinciali non sono un costo? Forse il parassitismo politico che
amministra enti e consulenze varie non sono un costo?
Forse non sarebbe ora di regolarizzare anche questo settore della Pubblica Amministrazione?
O forse la Murgia è così vicina al movimento ProgReS che esprime
(solo) 2 eletti a livello provinciale e ritiene opportuno tutelarli? Non
sarebbe meglio occuparsi di amministrare direttamente le piccole
comunità?
La Murgia prosegue:
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