DOMENICA 6 MAGGIO GAVINO SALE NON ANDRÀ A VOTARE: «I REFERENDUM SONO UN BLUFF. DEMAGOGIA PURA».
Ma incidono sui privilegi della politica.
«Se
volevano tagliare i privilegi potevano farlo in modo molto più
concreto. Dimezzandosi gli stipendi in Consiglio regionale, per esempio,
visto che molti siedono lì. Invece che ridurre il numero dei
consiglieri regionali».
Già, per gli indipendentisti sarà più difficile conquistare un seggio.
«Anche altri gruppi sono contrari. Passa sotto silenzio una riforma che dà più potere a poche persone».
Lei è un consigliere provinciale, ma non ritiene che sia giusto riformare enti che molti considerano scatole vuote?
«È
vero che c'è stata una degenerazione, sono diventate centri di potere.
Ma potrebbero riconquistare la funzione nobile di coordinare decine di
Comuni».
Non rischia di essere un atteggiamento conservatore?
«Le
forze della conservazione sono quelle che oggi lottano contro quelle
dell'emancipazione, della liberazione dell'Isola. Ma vinceranno queste
ultime. I sardi stanno decidendo di non inabissarsi nei meandri della
storia e di scegliere una strada di libertà e prosperità».
Ma chi l'ha detto che, facendo da soli, i sardi avranno più prosperità?
«Invertiamo
il concetto: la sottomissione all'Italia dove ci ha portato? A un
disagio economico ed esistenziale pazzesco. Oggi i sardi sono i più
grandi consumatori di psicofarmaci. Siamo balzati persino in testa alle
classifiche dei suicidi. Porgo un saluto rispettoso a chi si è tolto
la vita, non deve più accadere che un sardo si ammazzi perché non
riesce ad andare avanti».
Molti economisti però
pensano che, se dovessimo fare tutto con la fiscalità isolana, saremmo
costretti a ridurre il livello dei servizi, almeno temporaneamente.
«Fino
ai 18 anni io ero autonomo, perché amministravo i soldi che mi dava la
famiglia. A 19 sono diventato indipendente, perché ho iniziato a
campare con i soldi miei. Per un po' forse sono dimagrito, ma sono
diventato un homine . Non il figlio di qualcuno».
Allora ammette che il passaggio all'indipendenza comporterà sacrifici.
«Non è neppure vero questo: apposta parliamo di sovranità come fase di transizione».
In che senso?
«Con
l'acquisizione di segmenti di sovranità (fiscale, alimentare,
energetica) impareremo a governarci da soli. Cancellando la delega allo
Stato italiano. La delega che, come dice Placido Cherchi, interrompe la
sfericità dialettica tra individui».
Concetto non semplice. Ci spieghi però quelle tre sovranità.
«Partiamo
da quella energetica. È un settore chiave. Con le energie alternative
la Sardegna è come un pozzo di petrolio in mezzo al Mediterraneo, ma
della ricchezza che si produce si avvantaggiano altri».
Chi sarebbero?
«Le
multinazionali, lo sanno tutti. Ogni anno ci portano via un miliardo
di euro. La Tirrenia costa 380 miseri milioni, con quei soldi potremmo
comprarci una flotta ogni quattro mesi».
Passiamo alla sovranità alimentare. Significa autarchia?
«Ma
quando mai, significa incentivare le nostre produzioni agricole di
qualità. Oggi l'84% dell'agroalimentare che consumiamo è importato. Nei
porti sono in calo tutte le voci: auto, passeggeri. Tranne le
importazioni di merci: più 6% nell'ultimo anno. E poi c'è lo scandalo
del settore agrozootecnico».
Quale scandalo?
«Quello
di un potenziale enorme, nella produzione di carne ovina e bovina per i
paesi del nord Africa, che non è sfruttato. Libia, Algeria e Tunisia
chiedono vitelli, agnelli, agnelloni, prosciutto di pecora. Una domanda
senza limiti. Invece cosa succede? Che si decide che qui non si deve
produrre niente. E gli allevatori padani ed emiliani ci sommergono di
carne suina con la scusa della peste».
Non è una scusa, c'è davvero.
«Ma
com'è che se ne avvantaggiano solo i produttori emiliani, dietro i
quali c'è la Banca popolare di Reggio Emilia, cioè il Banco di Sardegna?
E qui da noi c'è un assessore all'Agricoltura che non fa niente, è
totalmente assente».
Sta dicendo che dietro la peste suina in Sardegna c'è un complotto?
«Senza ombra di dubbio».
Terzo “segmento” di sovranità, quella fiscale.
«Ci
consentirebbe di eliminare Equitalia e di avere una nostra agenzia di
riscossione, sull'esempio dei baschi. Monti non deve permettersi di
chiedere 4 miliardi all'Isola se ce ne deve 10 arretrati. È un'arroganza
inaudita, ne ride tutta Europa».
E l'indipendenza?
«Arriverà,
non è un problema. Lo dimostra anche quella ricerca dell'Università di
Cagliari, di cui avete parlato sull'Unione Sarda».
La sorprende che gli intervistati si sentano più sardi che italiani?
«No,
è la conferma scientifica dei nostri ragionamenti. Oggi
l'indipendentismo è sempre più diffuso, in tutti i ceti e tutti i
partiti».
Si era già parlato di sardismo diffuso, in altri tempi.
«E
non ha prodotto nulla. Ma stavolta Irs lancia un messaggio a tutti gli
indipendentisti che stanno fuori dalle sigle classiche di quest'area».
E la famosa unità degli indipendentisti?
«Non
serve più. La somma dei movimenti della cosiddetta Convergenza dà
esattamente, in termini elettorali, lo 0,6%. Non è più il tempo di
limitarsi alla testimonianza».
Non è più il tempo neppure per azioni clamorose come il blitz a Fiumesanto o l'invasione di Villa Certosa?
«Quelli
erano gesti necessari, in una certa fase, per conquistare spazi. La
chiamavamo guerriglia virtuale, perché era senza armi».
Dicono che lei potesse fare quelle cose grazie alla copertura dei servizi segreti.
«Ma
quali servizi. Se non ci hanno mai condannato è perché abbiamo
avvocati bravi, che ci hanno sempre spiegato fin dove potevamo arrivare.
Ma anche quella è una fase conclusa».
Quel che non finisce mai sono le liti tra indipendentisti. Come quella che ha spaccato Irs.
«È
normale, tutte le volte che i sardi si organizzano c'è chi tenta di
bloccare questo processo. Ma stavolta non ha funzionato, anche se
c'erano grandi sponsor esterni».
Quali?
«Non posso dirlo. O forse non voglio dirlo».
Ma quei dissidi si possono superare? Accettereste altre sigle indipendentiste in un'ipotetica alleanza “sovranista”?
«Non
proviamo ostilità verso nessuno. Ben vengano le altre sigle. Ma sia
chiaro che siamo noi di Irs ad aver spostato l'asse della discussione».
È d'accordo con la proposta di una nazionale di calcio sarda, per cementare l'identità comune?
«È
una vecchia idea di Irs. Una mitopoiesi moderna: creare miti e simboli
di identificazione di un popolo. Sì, può servire. Tanti anni fa
facemmo una selezione, vinse per 1-0 a Nuoro contro la Corsica».
Gol di...?
«Gianfranco Zola».
Da L'Unione Sarda del 4 maggio 2012
SARDEGNA UNITA E INDIPENDENTE - FACEBOOK
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